L’ 850° centenario della morte di sant’Ubaldo deve rappresentare per tutti una svolta, con l’impegno di mettere in pratica l’insegnamento del Patrono, trovando nell’affetto e nella devozione ancora una volta testimoniate da cittadini e fedeli la sollecitazione e l’aiuto per contribuire, ognuno per la propria parte, a rendere migliore la società in tutte le sue espressioni. È questo il contenuto dell’omelia-appello pronunciata dal vescovo mons. Mario Ceccobelli durante il solenne pontificale celebrato nella basilica sul monte Ingino nell’anniversario della “Traslazione” (11 settembre 1160), che ha concluso uno dei periodi più importanti del centenario stesso: quello della “ostensione” delle sacre spoglie dalla sera del 31 agosto a quella del 10 settembre. Sono stati dieci giorni intensi, caratterizzati da un autentico pellegrinaggio che ha visto in chiesa una presenza significativa in ogni ora della giornata. Era stracolma la basilica in occasione della “ricollocazione” del corpo del santo Vescovo nell’urna sopra l’altare maggiore, preceduta da una processione partita dal duomo e guidata dal Vescovo, talmente affollata da disegnare una suggestiva scia di luce lungo gli stradoni del monte. “Abbiamo vissuto un momento di grande commozione – ha sottolineato mons. Ceccobelli – quando, dopo la salita sul monte di una folla mai vista, il corpo del nostro Patrono è stato ricollocato in alto, nella sua stabile residenza”. Quindi ha aggiunto: “In questi dieci giorni di ostensione del suo corpo incorrotto, Ubaldo ha parlato ancora agli eugubini di oggi. Ubaldo ha parlato al cuore di chi è salito sul monte e, forse per la prima volta, ha potuto guardare il suo volto sereno. Abbiamo vissuto giorni belli in compagnia di Ubaldo, non disturbati dal clamore delle feste, giorni d’intimi colloqui”. Il Vescovo è andato al di là del puro compiacimento per la straordinaria mobilitazione; ha colto infatti l’occasione per richiamare – ed invitare a metterli in pratica nella vita di tutti i giorni – i valori più significativi ed attuali dell’insegnamento ubaldiano: l’amore fraterno, il rispetto reciproco, la pace, la riconciliazione, la solidarietà. Lo ha fatto in maniera così intensa e quasi sofferta da dare alla parte conclusiva della omelia pronunciata nella festa della Traslazione i contorni dell’appello appassionato, sottolineando con coraggio una situazione difficile e delicata che attraversa la realtà eugubina e diocesana. “Questa sera io chiedo al Signore, per tutti e per ciascuno di voi, per la mediazione potente di Ubaldo, la sete della verità e l’autentico amore fraterno. Mai come in questo periodo l’uomo ha bisogno di verità e di amore. Le moderne correnti di pensiero e la conflittualità permanente nei rapporti sociali rendono la vita tragicamente segnata dalla violenza e dall’egoismo, che chiude il cuore degli uomini in una incomunicabilità foriera di morte”. Quindi l’affondo: “Sono certo, per quello che ho visto in questi giorni di ostensione del suo corpo, Ubaldo non ci farà mancare la sua mediazione potente, e voglio sperare che nella nostra comunità diocesana cresca sempre di più l’amore fraterno. Un amore che diventi visibile in tutti gli ambiti della vita, da quella familiare a quella lavorativa, politica, religiosa. Sì, anche in quella religiosa: quante divisioni si creano nella comunità dei discepoli di Gesù e dei devoti di sant’Ubaldo! Quante divisioni all’interno delle comunità cristiane, dello stesso presbiterio e delle famiglie dei ceraioli. Sono certo che Ubaldo farà la sua parte, ma anche noi dobbiamo fare la nostra, e voglio proprio sperare che da questo anno giubilare nascano rapporti nuovi di amicizia, di solidarietà e di pace”.
Sant’Ubaldo parla ancora al cuore degli eugubini
Solenne festa della Traslazione al termine del periodo di ostensione del corpo del Patrono. Le significative parole del Vescovo
AUTORE:
Giampiero Bedini