Scienza e fede: a ciascuno il suo

Dibattito. Qualche necessario chiarimento su Darwin e il racconto della Genesi

In occasione del II centenario della nascita di Charles Darwin, riportiamo un intervento del prof. Carlo Cirotto, biologo, docente all’Università degli studi di Perugia e presidente nazionale del Meic, sul tema dell’attuale dibattito tra evoluzionismo e creazionismo. Anzitutto è opportuno parlare di ‘teorie’ e non di ‘teoria’ dell’evoluzione. Sembra infatti assai improbabile che un’unica teoria (nel nostro caso il neo-darwinismo) riesca a spiegare esaurientemente un numero sconfinato di dati eterogenei e poliedrici. Sembrerebbe più saggio, invece, guardare con favore al sorgere di più teorie, nella quasi certezza di migliorare così la comprensione dell’evoluzione. Elaborate in questi ultimi decenni, sono in effetti già disponibili diverse teorie evoluzionistiche. Oggi però nell’operazione, non facile, di ridefinizione delle proprie competenze e di riconoscimento reciproco, sorgono le tentazioni di stampo fondamentalista di chi crede di risolvere alla radice il problema riconoscendo come valido un solo sapere (il proprio) e negando la validità degli altri. Assistiamo ad almeno due derive fondamentaliste: quella di chi propone una lettura ideologica del neo-darwinismo, e quella di chi vuole il ritorno a una interpretazione letterale della Bibbia. La prima assolutizza una teoria scientifica, estendendone la validità ben oltre i confini che le sono propri. La seconda assolutizza l’interpretazione religiosa, promuovendo una lettura fondamentalista della Scrittura, ed attribuendole una validità esplicativa scientifica che non possiede. Il carattere ideologico del neo-darwinismo emerge, prima di tutto, dalla negazione (che pretende di avere i caratteri della scientificità) di ogni forma di finalismo. Sorge però spontanea una domanda: il finalismo rientra tra le competenze della scienza sperimentale? In altre parole, la scienza sperimentale è in possesso di strumenti metodologici che le consentano di dire una parola conclusiva sugli aspetti finalistici della natura? La risposta è, evidentemente, negativa. La scienza non estende la sua competenza alle finalità perché gli strumenti cognitivi in suo possesso (il metodo empirico) non le permettono di raggiungerle. Ci si chiede allora come il sapere scientifico in quanto tale possa escludere l’esistenza di un qualcosa che, quand’anche esistesse, non sarebbe comunque in grado di cogliere. Il fatto è che di finalismo devono parlare non gli scienziati ma i filosofi, che sono in possesso di adeguati strumenti categoriali. Direttamente collegata alla negazione di qualsiasi finalità è l’esigenza – sempre da parte degli evoluzionisti più intransigenti – di negare l’esistenza di leggi o ‘logiche’ del vivente. Queste infatti potrebbero assumere indesiderati ruoli guida nel processo evolutivo, sospingendolo lungo percorsi preferenziali e suggerendo ‘pericolose’ conseguenze filosofiche. È sconcertante, ma, secondo questa particolare lettura del neo-darwinismo, la scienza non dovrebbe neanche perdere tempo nella vana ricerca di inesistenti leggi del mondo della vita. Fortunatamente sono sempre più numerosi gli uomini di scienza che, contravvenendo a questa imposizione ideologica, studiano con nuovi approcci i viventi e la loro evoluzione scoprendo un imprevedibile mondo di leggi, di regolarità e di logiche. Sul versante opposto si colloca il movimento di pensiero e di opinione noto come creazionismo. Assai diffuso negli Usa, soprattutto tra le Chiese e le sette fondamentaliste, poco diffuso in Europa e nella Chiesa cattolica, afferma la diretta creazione da parte di Dio delle specie viventi con le modalità e i tempi descritti nei primi due capitoli della Genesi. Si tratta della riproposizione, persino peggiorata, della posizione di Linneo (1707-1778) e del suo errore metodologico, con l’aggravante che ben tre secoli di elaborazioni e conquiste teoriche sembrano essere trascorsi invano e che nessun progresso nel frattempo sia avvenuto nel campo della scienza e dell’esegesi biblica. L’errore di fondo permane lo stesso: dare risposte teologico-religiose a domande scientifiche. I termini stessi della contrapposizione vivacissima alla quale stiamo assistendo denunciano l’equivoco. Si parla di creazionismo ed evoluzionismo come di due teorie alternative, in possesso delle stesse caratteristiche di scientificità. Non si sottolinea mai, o quasi mai, che la vera alternativa scienfica all’evoluzionismo è il fissismo, ed è tra queste due categorie che sarebbe legittimo il confronto. Il creazionismo è altra cosa sia rispetto all’evoluzionismo che al fissismo, perché è una categoria teologica, e come tale può essere correttamente confrontata solo con altre categorie appartenenti allo stesso ambito. Perciò la Bibbia va interrogata in modo corretto. Non si possono pretendere da essa risposte che non vuole e non può fornire e che solo subdolamente possiamo strapparle. L’autore dei primi capitoli della Genesi di sicuro si rifaceva a un modello scientifico fissista, tipico dei suoi tempi, ma lo scopo del suo discorso non era quello di rispondere alla domanda (scientifica): ‘Cos’è successo all’inizio del mondo e dell’uomo?’ quanto piuttosto alla domanda (teologica): ‘Che significato ha l’uomo nel mondo e nei suoi rapporti con Dio?’. Certo, nonostante questi chiarimenti, la tentazione dello sconfinamento è forte: il teologo è spesso tentato di emettere verdetti di tipo scientifico e lo scienziato di dire la sua su tesi religiose. F. Facchini, antropologo dell’Università di Bologna ed anche teologo, ha cercato di mettere i paletti di frontiera: ‘Gran parte degli equivoci sul problema delle origini è sorta dalla pretesa di negare ciò che la scienza non può dirci (la dimostrazione dell’anima) o di far dire alla Bibbia quello che essa non vuol dirci (contenuti di ordine scientifico). Ai due interlocutori vanno posti quesiti che rientrano nel loro ambito. Alla Bibbia sul perché dell’esistenza, alla scienza sul dove, come, quando si è formata la vita (‘). La vera alternativa non è tra evoluzione e creazione, ma tra visione di un mondo in evoluzione, dipendente da Dio creatore secondo un suo disegno, e visione di un mondo autosufficiente, capace di crearsi e trasformarsi da sé per eventi puramente immanenti’. Ritengo che le parole di Facchini offrano la miglior sintesi possibile delle problematiche in campo, e della pista di soluzione.

AUTORE: Carlo Cirotto