Sogno numero uno

abatjour

“E allora?”: su questo interrogativo troppo facilmente drammatico s’è spenta l’ultima abat jour. E allora, dopo tutto l’ambaradàm che hai buttato su a proposito di poveri e di cura dei poveri, presumendo con quella tua supponenza artatamente “d’umiltà vestuta” di scomodare quei nostri circuiti cerebrali che tu (presumiamo noi, stavolta) giudichi vetusti… dài! stringi! concludi! Già, è ora di concludere. Sono le 23.30, l’ora di andare a letto, e io mi metto a pensare come posso concludere l’ambaradàm. Franco ha appena spento la tv, bofonchiando (c’era Il Grande Fratello, e quelli come lui, di limitate capacità razionali, hanno il diritto/dovere di goderseli fino in fondo, quei capolavori della tv commerciale). Mi metto a pensare. E invece mi addormento. M’addormento, e  faccio un sogno. Il sogno numero uno. Sogno che la mia piccola diocesi di Gubbio, divisa da decenni in cinque Zone pastorali, ha raggruppato i suoi 15 sacerdoti in 5 diverse comunità sacerdotali… sì, 15 in tutto. A metà del secolo XIX erano 150, ma il Regno di Dio non se ne avvantaggiò di molto. 5 piccole comunità di 3 sacerdoti ciascuna. Vivono insieme. Pregano insieme. Mangiano insieme. Insieme accolgono in casa qualche avanzo della società dei consumi, alla don Matteo: una donna d’età provetta, vagamente suonata, un omino strabico anche lui suonato, un bambino vispo. Guidano benissimo e raggiungono in pochi minuti, a turno, le sette parrocchie che sono state loro affidate. In ognuna di quelle parrocchie abita una coppia che, in un esame tutto sui generis, ha dimostrato di aver assimilato La verità vi farà liberi, quel Catechismo degli adulti che è un autentico vanto della Chiesa italiana. I sacerdoti sanno di poter arrivare a qualsiasi ora: c’è sempre del prosciutto tagliato a mano, e un piatto di crema di verdure, un concentrato di sapienti secoli di culinaria contadina. Celebrano messa. Confessano. Organizzano per il catechismo del sabato. Durante la settimana le aule del catechismo, a cura di uno dei due membri della coppia (mentre l’altro fa un suo diverso lavoro, altrove), accolgono, tra le 9 e le 16.30, malati di alzheimer leggeri, oppure bambini autistici leggeri, oppure donne nigeriane che vennero in Italia decenni or sono, filiformi, e oggi il Bel Paese le ha ridotte a barche sdogate e in disarmo. “Uno dei due membri della coppia”, pagato in parte dalle famiglie, in parte dalla parrocchia (che ha visto lievitare il suo bilancio da così a così), in parte dalla Regione: mons. Paglia ci ha messo meno di una settimana a concordare con la Marini e la Casciari una convenzione apposita… Che vita, gente mia, che vita! E che balzo in avanti, quella evangelizatio per res nella quale le sante parole spiegano le sante scelte, invece di sostituirle. Che vita! E che peccato svegliarsi quando era appena iniziata. Nel sogno.

AUTORE: Angelo M. Fanucci