di Daris Giancarlini
Quel giovane sui 20 anni che alla stazione di Piacenza si è scattato un selfie (traduco per mia madre, che è di un’altra epoca: una foto alla propria faccia) con sullo sfondo un’anziana donna sui binari, che era appena stata investita da un treno e aveva una gamba maciullata, è quello che saremo – o già siamo – tutti noi dopo anni di uso di cellulari, smartphone, iPhone e quant’altro fa riferimento alle nuove tecnologie di comunicazione? Possiamo dire di tutto di quel giovane (cui la polizia postale ha ingiunto, tra le sue proteste, di cancellare quella foto; che però aveva già fatto il giro dei vari social media), ma non che sia un’eccezione: la gente si scatta foto nelle occasioni meno opportune, così come – tramite i vari aggeggi – propala e diffonde giudizi e commenti con termini che mai, se si trovasse faccia a faccia con altre persone, si sognerebbe di pronunciare. Non se lo sognerebbe, perché in quel caso dovrebbe risponderne di persona; e il concetto di responsabilità, nel mondo della diffusione velocissima delle bufale e degli insulti, sembra appartenere a un’epoca passata, non più di moda. Ecco quel che rappresenta il giovane che si fa il selfie davanti a una persona ferita: la completa deresponsabilizzazione di fronte a qualsiasi evenienza che la vita, quella reale, ogni giorno ti propone. Siamo passati dal “me ne curo” di don Lorenzo Milani al “non mi riguarda”.
Fermiamoci, tutti, prima che sia troppo tardi.