Un Natale così, davvero “amico degli uomini”

Parola di vescovo

Il Natale ritorna ogni anno… invecchia con i vecchi, e si rinnova con il bambino ch’è nato… Sa che la natura non potrebbe farne a meno”, così canta Efrem il Siro, un Padre dell’antica Chiesa d’Oriente. E continua: “Il mondo intero, o Signore, ha sete del giorno della tua nascita… Sia dunque anche quest’anno simile a te, porti la pace tra il cielo e la terra”. Facciamo bene a far festa perché il Natale è un giorno “amico degli uomini”. Il suo mistero è raccolto nelle prime parole del Prologo di Giovanni: “La Parola si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi”. Dio stesso è sceso dal cielo dal cielo, ma gli uomini non l’hanno accolto. “Non c’era posto per loro”, scrive Luca amaramente. Ma non è tornato in cielo; si è accontentato di una stalla, fuori della città, pur di restarci accanto. È incredibile che Dio venga sulla terra e accetti anche una stalla; e tuttavia quel che lascia ancor più sconvolti è che si presenti come un bambino, la più debole tra le creature. Chi mai avrebbe anche solo potuto pensarlo? Eppure il Natale è tutto qui: un Dio, fragile bambino. “Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” disse l’angelo ai pastori. Essi, ritenuti tra la gente più disprezzata del tempo, furono i primi ad accorrere. Anticipavano un detto caro a Gesù: “I primi saranno gli ultimi e gli ultimi primi”. Quella piccola famiglia nella grotta, circondata dai pastori, è tra le immagini più vere della Chiesa. E forse la rinnovata partecipazione alla “messa di mezzanotte” sta a dire il desiderio di stare accanto a quel Bambino. A Natale è il Bambino al centro; in tante viene posto davanti l’altare. Come tutti i neonati non sa parlare, eppure è la Parola fattasi carne. Forse si esprime solo con un pianto implorante. Sì, il Natale chiede almeno di ascoltare il pianto di quel Bambino che implora aiuto e protezione. Assieme a Lui lo chiedono i bambini poveri, sfruttati e violentati di ogni parte del mondo; ma anche gli anziani esclusi spesso dalla vita. Non chiedono molto, implorano solo di far parte della famiglia umana. Lo chiedono anche gli stranieri, quelli che hanno fame e sete, gli oppressi dalle guerre e dalle ingiustizie, i disperati e gli angosciati del nostro mondo. In loro nome, il Bambino di Betlemme chiede a tutti un po’ d’amore. Natale? È una domanda di amore. Gesù e i deboli ci chiedono di essere amati. Quel Bambino è la persona decisiva non solo per la propria vita, ma per l’intera storia degli uomini. Chi guarda quel Bambino, e non se stesso o i tanti idoli di questo mondo, ritrova la felicità e il senso della vita. A Natale quel che conta è andare a vedere Gesù, è trovarsi attorno a quella mangiatoia. Un Natale così è davvero “amico degli uomini”, amico dei deboli, amico dei piccoli. Sant’Efrem continua a cantare : “Il giorno della tua nascita, o Signore, è un tesoro destinato a soddisfare il debito comune”, il debito dell’amore.

AUTORE: Vincenzo Paglia