Mentre lavoravo a indorare le quattro frittelle che avevo confezionato per i miei 17 lettori la settimana scorsa, è arrivata in redazione la lettera del sig. Ferruccio Medici, che mi rimproverava di aver “spezzato una lancia” a favore della Théologie nouvelle, assentendo a quel “relativismo dogmatico” di cui furono sospettati gli esponenti di quella corrente teologica, che sembrarono non tenere conto delle due encicliche papali, la Pascendi di san Pio X (1910) e la Humani generis di Pio XII (1950), proposte dal Magistero della prima metà del sec. XX “a guidare la regula fidei”.
Questa lettera mi costringe ad una mini-variazione del mio mini-programma. Il mondo va avanti lo stesso, che se le mie frittelle ritardano di una settimana.
Io di lance non ne ho, ma se ne avessi una batteria non ne spezzerei nemmeno una, di lance, “contro” la Pascendi e la Humani generis, ma le spezzerei tutte “a favore” della Nouvelle Théologie. Senza poter nutrire nemmeno una presunziocella piccola piccola, quella di dire una cosa nuova, visto che ci hanno pensato nientemeno che tre Papi. Alludo ai due fondatori di Sources chretiennes (“Le fonti cristiane”), la rivista della Théologie nouvelle, i gesuiti p. Jean Danielou e p. Henri Marie de Lubac. Danielou fu criticatissimo per i suoi studi sull’immutabilità della verità, sulla relazione tra natura e grazia nel determinare la volontà della persona, sul marxismo, sull’ateismo. Quanto ad Henri Marie de Lubac, nel 1946 il suo Surnaturel. Études historiques (“Soprannaturale. Studi storici”) fece scandalo: il generale dei Gesuiti lo “sollevò” dall’insegnamento e diede ordine di far sparire i suoi libri dalle scuole e dagli istituti di formazione. Ma a partire dal 1958 de Lubac poté di nuovo insegnare; poi, nel 1960, venne nominato da Giovanni XXIII consultore della Commissione teologica preparatoria al Concilio Vaticano II, e nel 1961 entrò a far parte degli “esperti” del Concilio, accanto a Jean Danielou: era veramente il massimo della riabilitazione.
Più tardi ambedue vennero “creati” (si dice così!) cardinali da Paolo VI. De Lubac non accettò la nomina, perché riteneva che la regola fissata da Giovanni XXIII nel 1962, che tutti i cardinali fossero vescovi, fosse “un abuso dell’ufficio apostolico”: Paolo VI accettò la sua rinuncia. Ma quando, nel 1983, Giovanni Paolo II tornò alla carica, e gli chiese di accettare il cardinalato dopo averlo esentato dall’ordinazione episcopale, de Lubac accettò. E negli ultimi anni della sua vita (morì a 95 anni) continuò a scrivere, nonostante l’età, la malattia, la paralisi e la perdita della voce.
Ecco, adesso posso tornare in cucina ad indorare le mie quattro frittelle. Quattro riflessioni sul modo corretto di leggere la Bibbia. Robetta, ma forse non inutile. Respiro corto, forse, ma ognuno respira con i polmoni di cui dispone. Vedremo. Vedrete.