“Vegliate!”

Commento alla liturgia della Domenica a cura di mons. Vincenzo Paglia vescovo di Terni - Narni - Amelia I Domenica di Avvento - anno B

L’Avvento, come tutti i tempi liturgici, è un tempo “debole” rispetto ai tempi “forti” dei nostri affari e dei nostri interessi: sono questi ultimi, infatti, a occupare robustamente il cuore e la mente e a scandire i giorni. L’Avvento arriva, ma è facile non accorgersene; spesso non è neppure indicato nei comuni calendari, e se anche è notato non fa comunque cambiare vita o abitudini alle nostre città e ai nostri paesi, come accade invece con altre scadenze (scolastiche, amministrative, astrali…).

Il tempo della liturgia non segue le scansioni del mondo. Ma non per questo non lo riguarda. Il tempo liturgico è il tempo di Dio che entra in quello degli uomini. Ed è misurato dal mistero stesso di Gesù. Ogni domenica, da questa prima di Avvento sino alla festa di Cristo re, la Parola di Dio ci prende per mano, ci sottrae alla schiavitù dei nostri ritmi, per introdurci dentro il mistero di Cristo. L’Avvento ci prepara ad accogliere Gesù che nasce in mezzo a noi. La supplica del profeta Isaia viene posta sulle nostre labbra: “Perché Signore ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema ? Ritorna, per amore dei tuoi servi. Se tu squarciassi i cieli e scendessi !” (Is 63, 17).

Sì, “Ritorna, Signore, per amore dei tuoi servi !” Ne abbiamo bisogno. Ne ha bisogno la tua stessa terra che sembra non trovar pace; ne ha bisogno l’Africa ancora bagnata dal sangue di migliaia di persone; ne hanno bisogno tanti paesi ove milioni e milioni di poveri muoiono di fame; ne hanno bisogno le grandi città dell’Occidente che emarginano schiere innumerevoli di deboli, di anziani, di malati. Ne hanno bisogno i cuori di tanti uomini e di tante donne induriti dall’indifferenza.

“Se tu squarciassi i cieli e scendessi !” Questo grido è la nostra preghiera dell’Avvento; e resta la preghiera universale di questo tempo. Qualche anno fa, un noto filosofo contemporaneo, al termine del suo itinerario di pensiero che lo aveva portato ad un’analisi tragica del presente, diceva : “Ormai solo un Dio ci può salvare !”. Il tempo di Avvento irrompe nelle nostre giornate per ricordarci l’invocazione del profeta e le grida dei tanti che aspettano la salvezza. Queste grida, spesso lontane dalle nostre orecchie, sono in realtà la vera nostra coscienza. Esse ci aiutano a comprendere il senso concreto dell’Avvento e ci spingono a non restare addormentati nella nostra ricchezza e nella nostra avara tranquillità. Noi, pur così smaliziati, abbiamo forse smarrito il senso dell’attesa; siamo convinti che non verrà nessuno a salvarci; tanto convinti da inculcare ai nostri bambini che debbono badare da soli a se stessi, che non debbono aspettarsi nulla da nessuno.

Che triste quella società che non ha un Avvento! “Se tu squarciassi i cieli e scendessi !” Con questa preghiera sulle labbra risuonano ancor più chiare le parole del Vangelo di Marco: “State attenti e vegliate perché non sapete quando il padrone di casa tornerà”. Gesù paragona il credente ad un portinaio che deve attendere il ritorno del padrone: egli sta accanto alla porta, non si addormenta, anche se è notte, finché non sia tornato il padrone di casa. Essere come il portinaio è la condizione permanente del discepolo.

Egli non deve stare dentro la sua casa a fare le sue faccende, né deve addormentarsi nell’egoismo. Il suo posto è accanto alla porta, per aprire appena arriva il padrone. E la porta è quella del cuore, un cuore talora così pieno di se stesso e così stordito dalle proprie faccende da non sentire né i passi né la voce del Signore che si avvicina. “Ecco – dice il Signore, nell’Apocalisse – io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).

Per il discepolo di Gesù è sempre tempo di vegliare, è sempre tempo di aprire e di amare, è sempre tempo opportuno per incontrare il Signore e stare vicino a lui. Conoscendo la facilità con cui ci addormentiamo sulle nostre cose, accogliamo con gratitudine questo Vangelo che richiama tutti alla vigilanza. “Vegliamo e preghiamo…” perché non accada a noi la stessa cosa che avvenne nella notte di Natale a Betlemme quando “non c’era posto per loro nell’albergo”.

AUTORE: Vincenzo Paglia