Giubileo della Misericordia. Come?

Piero Pisarra ha scritto: “Misericordia, forma ecclesiale”. Che si può tradurre: “Misericordia, il modo di essere della Chiesa”. Perché è stato il modo di essere di Gesù in mezzo a noi, il modo di essere dei suoi discepoli migliori.

In effetti, indicendo il Giubileo, che ordinariamente si celebra ogni 50 anni, Papa Francesco ha voluto esplicitamente collegarlo al Vaticano II, l’evento ecclesiale più importante degli ultimi decenni. Come dire che, a distanza di mezzo secolo, è da rileggere in chiave di misericordia.

“Ho scelto la data dell’8 dicembre – scrive il Papa – perché è carica di significato per la storia recente della Chiesa. Aprirò infatti la porta santa nel 50° anniversario della conclusione del Concilio ecumenico Vaticano II. La Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia” (MV, n. 4).

Un’impostazione teologico-ecclesiale anzitutto, non un semplice attributo di Dio, bensì la definizione stessa di Dio, perché “Dio è tutto misericordia” e quindi la misericordia è “l’architrave che sorregge la vita della Chiesa.Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza”.

Se ciò è vero, il Giubileo ci chiede anzitutto di “sdoganare” la misericordia riscoprendola nel suo significato profondo, anzi “rivoluzionario” secondo Papa Francesco. Esattamente il contrario di quello che, fraintendendola, hanno voluto i “maestri del sospetto” relegandola alle persone deboli, al pietismo religioso, al superuomo che poi via via si è “liquefatto”.

Non dunque un Giubileo celebrato solo con qualche pio esercizio spirituale, ma la misericordia come forma della vita umana e cristiana.

Infatti, proprio la misericordia ha connotato la vita di Cristo fin dal suo apparire su questa terra: “Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre […]. Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio” (MV, n. 1).

Nella grotta di Betlemme ci ha dato la prima lezione: misericordia è calarsi nell’ultimo posto, scendere giù per condividere fin da subito la miseria umana, svuotarsi, umiliarsi. E così, coerentemente, per tutta la sua esistenza in mezzo a noi fino al dono totale di sé nella morte in croce e nell’eucaristia.

Gesù ha posto la misericordia al centro dell’umanesimo cristiano, oltre le derive dell’indifferenza, dell’autosufficienza, del cinismo, e, all’opposto, del sentimentalismo.

Si è discusso nel Convegno ecclesiale di Firenze e si è detto che le 5 vie dell’umanesimo cristiano sono attraversate dalla tenerezza misericordiosa capace di toccare e sanare le ferite umane con gli occhi, il cuore e le mani del buon samaritano. La misericordia cambia e converte l’uomo capace di con-prendere l’altro, di con-patire le sofferenze, di con-dividere le risorse.

Per questo il Papa insiste nell’esercizio quotidiano, semplice, discreto, fattivo delle opere e gesti di misericordia corporale e spirituale come dimensione centrale e permanente dell’esistenza cristiana, non con qualche gesto sporadico, ma semplicemente come modalità di essere umani. O meglio: divinamente umani o umanamente divini. Sì, perché “diventare misericordiosi come il Padre”, amarci “come Cristo ci ha amati”, tutto questo non può essere che l’opera dello Spirito santo – Amore riversato nei nostri cuori, per renderci capaci di passare finalmente dall’egoismo (cuore di pietra) all’Amore (cuore di Cristo). È il contenuto della Nuova Allenza.

Forse potremmo scoprire, in modo sorprendente, che questa semplice parola, desueta, volutamente emarginata, è la chiave di volta per comprendere l’essenziale dei temi che stiamo discutendo: persona, famiglia, relazioni, educazione, cura del creato, e soprattutto fraternità nel senso evangelico e francescano. Così, credo, centriamo l’obiettivo principale di questo Giubileo.

 

AUTORE: Domenico Cancian Vescovo di Città di Castello