I partiti dal punto di vista del marketing

Tutto è pronto e la campagna elettorale ha preso ufficialmente il via. Che, tradotto nei termini gestionali d’impresa oggi di gran moda, significa che ciascun partito ha iniziato a comunicare con maggiore attenzione le proprie argomentazioni di vendita: quelle relative all’intera struttura e quelle, più specifiche, concernenti i singoli prodotti della propria attività. Prodotti che, naturalmente, sono stati individuati, classificati, ordinati alla luce di quell’interesse superiore della comunità che lo Stato si è impegnato a tutelare. Ogni partito, pertanto, ha elaborato il proprio piano di gestione o di marketing e si sta adoperando nel modo migliore per portarlo a conoscenza dei cittadini. Questi, attraverso il voto, manifesteranno il proprio accordo e lo faranno proprio dando mandato ai partiti, che in regime di libertà e quindi di concorrenza si sono proposti ed hanno vinto, il mandato di renderlo operativo e dunque di darvi attuazione. O no? Tanto per la cronaca, la pianificazione di marketing è l’attività di base che fissa i termini della gestione di una impresa e si sostanzia, in genere, in tanti piani di settore quante sono le linee di prodotti e i prodotti che l’impresa di riferimento produce e vende. I partiti sembrano caratterizzati non solo dalla mancanza di una pianificazione di marketing: c’è, in più, l’applicazione costante e continua di alcune efficaci tecniche di gestione – in particolare quelle relative alla comunicazione per le materie che toccano gli interessi personali e immediati dei singoli e dei gruppi minori – ad un obiettivo che ben poco ha a che fare con i conclamati “interessi dello Stato” (o di qualsiasi altra comunità venga chiamata in causa) e che può essere indicato – questo obiettivo comune ai Partiti Politici – come “conquista e gestione del potere”. Tutto questo – e quanto non detto – a parte, una pianificazione di marketing ha, tra le proprie caratteristiche, quella di scendere nei dettagli di una attività di gestione prevedendone, oltre che l’oggetto, il chi, il come, il dove, il quando, il perché (sono i celeberrimi cinque W e una H) e dunque stabilendo, in modo chiaro e preciso, tutti i termini del problema e della soluzione, proposta perché ritenuta “la migliore” tra le tante possibili. C’è, dunque, almeno questa differenza con “i programmi” che i partiti politici disegnano e propongono agli elettori: dalla genericità sovente fumosa di questi, si passa alla rigorosa chiarezza di una pianificazione operativa la quale, così come in un’impresa vincola tutti coloro che sono chiamati ad attivarsi ed a svolgere un qualsiasi compito, dovrebbe porsi come obbligatoria per i gestori della cosa pubblica. E in una democrazia nella quale si afferma che il popolo è sovrano, il fondamento più immediato e logico dell’obbligatorietà della pianificazione di marketing sembra esser costituito proprio dall’espressione della volontà popolare. Il piano di gestione è vincolante perché il popolo sovrano lo ha approvato, e ciò che agli organi dello Stato rimane è soltanto la discrezionalità tecnica. Il potere-dovere, cioè, di attivarsi nel modo migliore perché tutto quanto previsto nel piano di gestione avvenga così come voluto, nei tempi stabiliti, ai costi previsti. Ecco, allora, che le strutture chiamate “partito” (o quelle che in qualche modo ad esse tendono a sostituirsi) sono chiamate a “elaborare e proporre agli ‘elettori’ pianificazioni operative di marketing”, veri e propri programmi di gestione i quali, avendo per oggetto una specifica materia, si confrontano con i programmi proposti da altre strutture e, sottoposti all’esame degli elettori, ne chiedono l’approvazione attraverso il voto. Prende così consistenza certamente almeno quella conclamata “attenzione ai fatti concreti” della quale – di solito a vuoto – ogni raggruppamento politico tende a farsi portavoce e paladino, generalmente appena sfiorando il concreto ed il reale, enunciando un tema ma guardandosi bene dallo svolgerlo fino in fondo. Così, è certamente un riferimento ad una concreta realtà il parlare della scuola, ma ben altra cosa è l’elaborazione di una pianificazione di gestione del valore chiamato istruzione nell’ambito del quale le modalità di accertamento dell’apprendimento e del suo grado, nonché del recupero, se necessario, sono solo un aspetto la cui soluzione non può in alcun modo prescindere da una pianificazione operativa completa ed affidabile. Ed è certamente concreto, tanto per rimanere in tema, occuparsi dei distinguo relativi alla scuola pubblica ed a quella privata, ma ben diversa sarebbe la distinzione e ben più affidabili le soluzioni se esistesse, all’origine, una chiara definizione degli obiettivi ed un piano di gestione completo. Che, tradotto in termini ancora più elementari, significa che un altro dei difetti rivelati dai Partiti consiste nel proporre come soluzione di problemi concreti attività parziali e contingenti, sostanzialmente descrivibili come “pezze a colori”: suggestive, talvolta, e talvolta anche utili, ma certamente atte – quando e se lo siano – solo a tamponare situazioni che richiederebbero ben altri interventi. È proprio necessario sottolineare come lo stesso tipo di ragionamento valga per tutti gli altri problemi che la gestione della cosa pubblica – la politica – pone quotidianamente sul tappeto? Dunque i Partiti hanno certamente un settore nel quale innovare ed in relazione al quale organizzarsi: quello costituito dalla individuazione dei nuovi obiettivi – costituiti in via generale dalla “elaborazione di pianificazioni di marketing” e, in via più specifica, dalla “individuazione delle materie” oggetto della pianificazione generale e di quelle settoriali – e, una volta individuato questo, dal darsi una organizzazione e una procedura a ciò funzionali, in grado di assicurare una attività di pianificazione efficiente e, si spera, efficace. Quanti partiti dispongono di una struttura che possa essere indicata come “servizio di pianificazione operativa” e, sopra tutto, di una cultura gestionale che consenta di individuare correttamente gli obiettivi di interesse della comunità e dello Stato e di gestire con altrettanta correttezza e con efficacia il fenomeno di scambio che si instaura tra Partiti e cittadini, tra Partiti e corpo elettorale?

AUTORE: Paolo M. Di Stefano