Immigrati irregolari e clandestini: difficile sapere quanti sono

Molti immigrati sono cristiani: la chiesa orvietana pensa all'assistenza spirituale

Clandestini. Che ad Orvieto questo fenomeno esista, come, d’altronde, in altre città d’Italia, non è un mistero. Rischia invece di esserlo, qualora se ne volesse fare una statistica approfondita e stabilirne il numero esatto. Sono in maggioranza donne giovani o ancor giovani, il cui lavoro di solito si svolge a beneficio di anziani, soli e bisognosi di assistenza, che dalla loro presenza e prestazione sembrano ricavare sollievo e conforto. Le notizie che ci pervengono infatti dicono il gradimento con cui sono accettate e richieste, perché il loro servizio, solitamente, fatte le debite eccezioni di rito, lo svolgono bene, con cura e dedizione. Appartengono a paesi dell’est Europa, in genere della Romania, dei Balcani, ma in numero maggiore della Moldavia e dell’Ucraina e sono da noi per rimediare alla povertà o ristrettezze dei luoghi, in cui si dibattono le loro famiglie, alle quali sono legatissime. Quanti siano questi extracomunitari immigrati clandestini, non si sa con precisione, perché non esiste un elenco dettagliato. Da informazioni attinte privatamente, ci è stato assicurato, che in Orvieto e nei dodici comuni del comprensorio il loro numero supera i 130 e forse tocca i 150. Siccome poi sono in maggioranza di fede cristiana, anche se non cattolica, la Chiesa di Orvieto-Todi si è proposta, per il momento, di studiarne il problema onde assicurare loro il conforto di una assistenza religiosa. Una cifra approssimata della loro presenza è emersa dall’iniziativa intrapresa dalla locale Azienda sanitaria, che, in applicazione ad una disposizione della Regione, ha istituito una sua specifica anagrafe per tutti gli stranieri, privi del permesso di soggiorno, di stanza nel territorio. Il risultato è stato che circa un centinaio di persone si sono presentate finora per richiedere prestazioni sanitarie ed avere a disposizione un medico di famiglia, come è stabilito e lo hanno tutti i cittadini italiani e gli immigrati regolari. L’iniziativa dell’Asl, per quanto ci è dato di sapere, sembra sia la prima delle iniziative pubbliche adottate, che, pur garantendo la riservatezza dei nominativi, si sia cimentata nell’ardua impresa di sollevare il velo di questa presenza irregolare, non tanto per denunciare una piaga, che piaga vera e propria non è, quanto per porvi ordine e venirne incontro. “La detta cifra – ha precisato, analizzandola, il dott. Giovanni Marchino, responsabile del locale Centro di salute pubblica – non può essere valutata in termini assoluti per sapere quanti clandestini sono, presenti nella nostra zona, perché bisogna presumere che queste persone accettino di venire nei nostri uffici solamente quando stanno male ed hanno bisogno di un intervento o di una prestazione medica”. L’inchiesta infatti è in atto già da più di un anno ed, effettivamente, quelli che hanno accettato di vedere il loro nome iscritto in qualche scheda, lo hanno fatto perché spinti dal bisogno e quindi necessitati a sottoporsi all’assistenza di un medico. E’ facile, d’altra parte, umanamente comprendere le ragioni di questo occultamento; non è però neppure difficile immaginare i sacrifici di questa gente, che pur di soccorrere i propri è disposta alle economie più arrischiate, in terra non sua. In fondo il lavoro che essi svolgono per il bene delle loro famiglie, si risolve, da quanto risulta, in bene anche per gli assistiti, che senza di loro, forse ne rimarrebbero privi e perciò ne fanno pressante richiesta. Allora bene per bene, si provveda con una sana legislazione a questa clandestinità, offrendo a questi lavoratori e lavoratrici una regolamentazione, che tenga conto delle loro particolari esigenze ed offra opportunità di serena, magari temporanea, permanenza, a vantaggio soprattutto di cittadini, in condizioni di bisogno, a basso reddito, che altrimenti soffrirebbero per mancata assistenza domestica.

AUTORE: Marcello Pettinelli