La bellezza e la fatica di essere AC

Assemblea nazionale di un’Azione Cattolica che quest’anno celebra i 150 anni di vita. Ha il suo sguardo fisso sul futuro annunciato dal brano biblico del libro dell’Apocalisse: “Fare nuove tutte le cose”, rafforzato da un simil-ossimoro: “Radicati nel futuro”, riaffermando la garanzia di poggiare su basi solide: Custodi dell’essenziale. Un titolo che esprime un progetto che sa di profezia. Parola impegnativa che porta con sé l’eco biblico del vento leggero dello Spirito.

È la parola sintesi, secondo me, del dialogo a più voci che domenica, in piazza San Pietro ha risuonato nei discorsi del Vescovo Assistente Generale Gualtiero Sigismondi, del Presidente Matteo Truffelli, sui quali il Papa ha “rilanciato”, ponendo una vera ipoteca pastorale sull’impegno dell’AC. Con l’Azione Cattolica questo si può fare: ipotecare il futuro impegno pastorale indicando il contenuto dell’azione declinandolo anche in alcune specificità. Si può fare per la mutua interiorità e la sintonia che sussiste tra la Chiesa e l’AC, che si lascia plasmare dall’oggi profetico dello Spirito che parla alle Chiese.

Il Papa, qualche giorno prima, alla Federazione Internazionale di Azione Cattolica (FIAC) in modo sorprendente ai più e soprattutto a chi ha sempre visto nell’AC un metodo organizzativo, una forma di pastorale, una indifferente opzione, o peggio una bella esperienza ormai relegata nel passato (opinione anche di diversi pastori) ribadiva che: “Il carisma dell’AC è il carisma stesso della Chiesa incarnata profondamente nell’oggi e nel qui di ogni Chiesa diocesana che cerca nuovi cammini di evangelizzazione e di missione a partire dalle diverse realtà parrocchiali”. Qualche passo dopo utilizzava nuovamente il termine carisma per l’AC, definendolo nel contenuto di “portare avanti la pastorale della Chiesa”. Questo stretto legame non è un vago affetto ma incarnato nelle realtà locali: storie, luoghi, volti e nomi. Il Papa rafforza tale vincolo nel suo discorso di domenica “costringendo” e nello stesso tempo riaffermando l’impegno dell’AC nelle diocesi e nelle parrocchie: “anche oggi siete chiamati a proseguire la vostra peculiare vocazione mettendovi a servizio delle diocesi attorno ai Vescovi – sempre -, e nelle parrocchie – sempre -”. Poi il Papa prosegue con una forte affermazione: “tutto il Popolo di Dio gode i frutti di questa vostra dedizione, vissuta in armonia tra Chiesa universale e Chiesa particolare”.

Un “sempre” che per l’AC si declina con un “da sempre” e “per sempre”, un vero patto nuziale, indissolubile, unico, fedele e fecondo con la Chiesa, con la sua Chiesa locale, che è la Sposa di Cristo. Quante generazione di Santi nella storia feconda di questo legame, anche quando esso è stato a senso unico, quando all’AC viene chiesto di non essere se stessa ed essa continua ad amare ed a operare per il bene della Chiesa. Per l’Ac la Chiesa è madre anche quando qualche “padre” non la comprende e si “emoziona” per qualche “effervescente fanciulla”. Dell’AC ci si può fidare perché non rivendica spazi, inizia processi perché diventino patrimonio di tutti.

A me è sembrato che il Papa abbia voluto declinare il termine Nuova Evangelizzazione con una specificità per l’AC, i luoghi ordinari, là dove la gente vive abitualmente, “restate là dove la gente sta, dove i problemi attanagliano la vita delle persone, per essere seminatori di speranza”. È un grande compito, non da vetrina, ma bello perché è nella storia dell’AC e nel suo futuro. Ce n’è per riflettere: per le pecorelle e per i pastori. Auguri Azione Cattolica.