L’arte, ovvero la bellezza

Arte e fede Il messaggio dell'Apocalisse è straordinariamente rappresentato sulle pareti della Cappella Nova del Duomo di Orvieto

Dopo il riconoscimento nazionale recentemente ottenuto con l’apparizione nel Rapporto sul turismo italiano (edito dall’Enit, XII ediz., con il patrocinio del ministero delle Attività produttive, gli assessorati regionali al turismo, la Federazione italiana pubblici esercizi, l’Unioncamere, la Bit di Milano), la cooperativa Cultour è prossima alla realizzazione di una pubblicazione dal titolo Il significato della Cappella di San Brizio, nel Duomo di Orvieto.

Attraverso la filosofia e la teologia, chiavi interpretative del complesso ciclo pittorico orvietano, il lavoro può fornire un contributo alla riscoperta dell’arte sacra in Italia, con un nuovo modo di illustrare le opere d’arte a carattere religioso. L’attenzione ai personaggi, ai segni nascosti, fino alle curiosità, consente di passare dall’atmosfera pacata e solenne dell’interno del Duomo agli affreschi della Cappella Nova.

Qui ci si trova immersi nello spazio traboccante di colori e di immagini, che danno vita al più grande dramma della storia umana: l’Apocalisse. Nel loro succedersi da un principio ad una fine, le vicende seguono in senso antiorario l’ordine descritto nelle Sacre Scritture: venuta dell’Anticristo, fine del mondo, resurrezione, giudizio. Vestiti di nero, impassibili di fronte agli eventi che si succederanno, Luca Signorelli e il suo predecessore, il Beato Angelico, danno l’avvio all’incredibile viaggio nel futuro. Gli affreschi, come enormi finestre che si affacciano sull’eternità, fanno vedere in anticipo quello che accadrà, non nella visione pagana del tempo, ma all’interno della rivelazione cristiana.

Gli avvenimenti descritti sono l’epilogo e l’apoteosi della storia umana, che tende ad un compimento, coincidente con l’irruzione dell’eternità. Il futuro, infatti, è l’avvenire biblico, cioè il venire di Dio nella storia e lo scorrere del tempo scandisce l’avvicinarsi progressivo ed inarrestabile dell’incontro definitivo tra l’umano e il divino. Si spalanca improvvisamente di fronte ai credenti la visione escatologica delle due città di sant’Agostino, una alla destra e l’altra alla sinistra di Cristo Giudice.

Mescolate fin dall’inizio e mai identificate con nessuna istituzione umana, con il definitivo avvento di Dio, la Città celeste e la città terrena verranno separate per sempre e ogni singolo uomo sarà destinato a ciò che avrà deciso di essere in questo mondo. Si concluderà l’interminabile lotta tra i due regni, la società degli empi e la comunità dei giusti. La grande predicazione apocalittica della Chiesa di fine ‘400 veniva rappresentata per la prima volta, in maniera così ampia e dettagliata, proprio nella Cappella Nova, come appello ad una conversione personale e radicale per entrare a far parte della Città di Dio.

La necessità di un profondo rinnovamento interiore, già delineata da Dante nella Divina Commedia, era accolta dal Rinascimento. La visione della vita ultraterrena raffigurata nell’Apocalisse di Orvieto, passando dalla letteratura all’arte, profetizzava l’avvento di un nuovo mondo dove per la forza dell’amore avrebbero trionfato pace, giustizia e fraternità. Così, all’Uomo del ‘500, che rivendicava la propria autonomia dalla religione, la Chiesa ribadiva il primato universale, indicando al mondo la vera via della salvezza: l’Eucarestia.

Tutta la Cappella Nova possiede un’evidente significato eucaristico. La presenza di Cristo Giudice sopra l’altare sottolinea, in modo inequivocabile, il profondo legame tra l’Eucarestia e il tema biblico del Giudizio universale in chiave filosofica. La componente neoplatonica ed agostiniana della ricerca di Dio, caratterizza fortemente l’intero ciclo pittorico che si concentra nella figura di Cristo Giudice per poi convergere sull’altare. Per grazia divina l’Eucarestia rende gli uomini, già su questa terra, membri della Città di Dio, sottraendoli definitivamente alla malvagità e alla barbarie della città terrena. Il messaggio dell’Apocalisse, straordinariamente rappresentato sulle pareti, veniva celebrato sull’altare, in una perfetta compenetrazione tra arte e liturgia, tra estetica e contenuto. C

osì, il significato filosofico e teologico che attraversa gli affreschi era interamente comunicato alla Mensa liturgica, incorporando l’Eucarestia in quella dinamica di salvezza visualizzata dallo stesso ciclo pittorico. ‘Non c’è salvezza senza Eucaristia’ – annuncia la Cappella Nova – ‘non c’è salvezza al di fuori della Chiesa’ (J.B. Riess).

AUTORE: Federica Sabatini