Merloni, estate incerta per gli operai

L'azienda che dà lavoro a centinaia di famiglie umbre sembra in ripresa

p align=”justify”La crisi della Merloni elettrodomestici. Stabilimenti salvi, ma tanta incertezza. La crisi conosce una momentanea pausa. Ma i sindacati contestano la dirigenza: “Dovete puntare sulla qualità dei prodotti”. Voci che si rincorrono, speranze di ripresa presto frustrate da notizie di tono opposto, grandi speranze presto disilluse. Questa è l’aria che tira all’interno degli stabilimenti del Gruppo Merloni, fino all’anno scorso una delle realtà economiche italiane più salde, oggi un marchio che “vive alla giornata”, lamentano gli operai, con la prospettiva di licenziamento che incombe sulle tante famiglie – centinaia delle quali umbre – che dipendono economicamente dagli stabilimenti della Merloni. Ma come è la situazione? A gennaio esplode la crisiLa situazione si è notevolmente deteriorata a partire da gennaio, specialmente nel settore delle lavatrici, la cui produzione è effettuata in tre stabilimenti, tutti nei dintorni di Fabriano (S. Maria, Marangone, M3), meno in quello dei frigoriferi (Gaifana, vicino a Gualdo Tadino), delle bombole (Sassoferrato) e della componentistica (Matelica). Tuttavia, i 450 esuberi (eufemismo per “licenziamento”) prospettati dall’azienda a febbraio, grazie ad una lunga trattativa sindacale, sono stati trasformati in cassa integrazione temporanea. “La cassa integrazione ha riguardato quasi unicamente gli operai del settore lavatrici” ci racconta un operaio dello stabilimento di Santa Maria “e neppure tutti: sono stati esclusi dal provvedimento, in ogni linea di montaggio, gli ‘operai indispensabili’, cioè quelli più esperti e gli altri, a turno, sono stati messi in cassa integrazione”. Ad aprile questa sorte è toccata a più di 300 operai; a maggio il numero si è dimezzato; a giugno il numero di cassintegrati è sceso a 100. Anzi, sono stati anche richiamati in servizio altri, il cui contratto era scaduto nei mesi precedenti. C’è stata, dunque, una certa ripresa, dovuta ad alcune commesse giunte alla Merloni. Questo lo ammettono anche i sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil). Tant’è che a luglio era stato annunciato che non si sarebbe fatto ricorso alla cassa integrazione. La crisi non è finita “Purtroppo è successo qualcosa” continua l’operaio “Pare che sia stato individuato un difetto nel prodotto ed ora, in attesa che venga rimediato, 40 operai sono stati messi in cassa integrazione” In realtà, spesso la Merloni ha scelto di rendere concorrenziali i suoi prodotti cambiando gli standard di qualità vigenti. “Ben 50.000 lavatrici realizzate per una ditta spagnola avevano il cestello in plastica anziché in acciaio inox: questi cambiamenti hanno creato anche dei problemi ed hanno reso meno affidabili i prodotti”. Del resto, in un comunicato diffuso nei giorni scorsi, i sindacati contestano alla dirigenza di “scaricare sui lavoratori i problemi della competitività, aumentando i carichi di lavoro anziché puntare sulla valorizzazione dei marchi acquisiti” e contestano il fatto che la ristrutturazione promessa non sia stata neppure iniziata. Come al solito, sarà a settembre, dopo la salutare pausa estiva, che i nodi torneranno al pettine.

AUTORE: Pierluigi Gioia