Una società dai molti colori

Sull'immigrazione Questura e Regione si confrontano con i diretti interessati, con esperti di multiculturalità e con la Chiesa

Il plauso all’iniziativa che si è svolta il 26 novembre scorso, coordinata da Carla Barbarella, è stato unanime ed ha incontrato la soddisfazione anche degli immigrati intervenuti nel dibattito, che hanno richiesto ulteriori occasioni di confronto con le autorità con cui hanno a che fare per le questioni fondamentali e concrete della loro permanenza in Italia. L’incontro svolto alla sala Brugnoli di palazzo Cesaroni è stato organizzato in collaborazione con la Regione e la Questura e curato dal Cidis. La Regione era rappresentata dal vice presidente Vannio Brozzi e dall’assessore Gaia Grossi e la Questura dallo stesso questore Arturo de Felice e da molti funzionari e operatori delle Forze di polizia. A costoro sono state affiancate altre non meno significative presenze quali l’Arcivescovo, sostituito all’ultimo momento da don Elio Bromuri, e due docenti specialisti nei tempi della multiculturalità, Luigi Lombardi Satriani e Khaled Fouad Allam. I temi trattati sono stati molti, ed hanno spaziato dalla teorizzazione della composizione armonica di una società dalle molte culture e religioni alla indicazione di soluzioni pratiche per i permessi di soggiorno, per la casa e il lavoro, per il trattamento dei clandestini. Naturalmente tali questioni, (talvolta persino banali, come la richiesta di un tabellone con l’elenco dei permessi pronti da ritirare per evitare le interminabili e inutili file davanti allo sportello) sono state predominanti ed è stato importante ascoltare dalla viva voce dell’Assessore e del Questore l’impegno pubblico di andare incontro, nell’ambito della leggi esistenti, alle necessità degli immigrati. Particolarmente efficace è stato l’intervento della Grossi, che ha sottolineato la determinazione del suo assessorato a perseguire una politica rivolta alle persone singolarmente prese considerando il fenomeno dell’immigrazione come strutturale e permanente, da considerare in aumento per il futuro e tale da trasformare in profondità la nostra società. Un’attenzione ai bambini stranieri che nelle scuole umbre rappresentano già il 7 per cento della popolazione scolastica. Molte speranze sono riposte su questi ragazzi i quali, se saputi educare, potranno costituire i migliori e più naturali “mediatori culturali”, nel senso che potranno mediare tra la cultura dei padri e la cultura dell’ambiente in cui si trovano a vivere. Anche questa è una questione concreta e riguarda l’inserimento dei bambini e dei ragazzi per l’apprendimento della lingua e della cultura italiana, con tutto il peso che in questo ambito possono avere le religioni. Si tratta prima di tutto di conoscenza reciproca e poi di valutazione per discernere quali sono i valori o le tradizioni compatibili e armonizzabili con la nostra. È stato osservato che non si devono minimizzare le differenze e non si può tutto appiattire in una generica forma di convivenza in cui si fa finta di avere gli stessi punti di riferimento. Ognuno, infatti, tende a pensare la propria cultura migliore e superiore a quella degli altri. Solo nel rispetto reciproco e nel rispetto dei diritti e dei doveri si potrà avere una convivenza pacifica e attraverso il costante dialogo tra persone e organizzazioni, come nel caso di questa iniziativa, si potrà sviluppare una conoscenza di percorsi comuni per la costruzione di una società in cui ci sia spazio per tutti. Non è un impegno da poco, se, come ha detto l’intellettuale musulmano, non c’è una teoria e una prassi che preveda una “governance” della cultura e la prospettiva di una cultura universalistica, soprattutto dopo l’11 settembre. Le Chiese hanno dato un esempio di dialogo ecumenico. Forse anche le organizzazioni politiche e le istituzioni dovranno mettersi nel solco di quelle esperienze.

AUTORE: E.B.