20 giugno 1859: fu vera strage?

Un convegno del Circolo La Pira aiuta a separare la storia dal 'mito' costruito ad hoc da Cavour e seguaci

Si è svolto venerdì 17 il convegno organizzato dal Circolo Giorgio La Pira dal titolo ‘Perugia, XX giugno 1859. Una rilettura della nostra storia’. Lo scopo dichiarato dagli organizzatori, in occasione del 150’anniversario dei fatti, quello di offrire una lettura dei fatti storici che desse ragione della complessità degli avvenimenti, delle forze in gioco e del contesto risorgimentale quale matrice da cui scaturisce questo ‘mito fondante’ di Perugia. Il prof. Francesco Pappalardo ha voluto ripercorrere, seppur in maniera sintetica, gli avvenimenti di allora inquadrandoli all’interno della complessa vicenda risorgimentale, offerta alla riflessione degli uditori come un’espansione del Regno del Piemonte su una nazione che non nasce certo con il Risorgimento. Nasce lo Stato italiano, ma non la nazione, che si presentava già con i suoi centri culturali e le sue tradizioni ben assestate, e avendo come collante la fede cattolica. Il dott. Saverio De Cesaris ha arricchito la conoscenza del periodo in esame offrendo un excursus storico sulla cosiddetta ‘questione romana’ che fa da sfondo anche ai fatti perugini, nonché al crescere nel tempo dell’importanza di questi in alcuni ambienti anticlericali, che se ne servirono ad arte per far sorgere quello che da alcuni è definito il mito fondativo del capoluogo umbro. Merita, infine, ricordare i tratti fondamentali di quel XX giugno 1859 attingendo ad alcune note della relazione di Pappalardo. Nel 1859, allo scoppio della Seconda guerra d’indipendenza, che vede l’Impero francese e il Regno di Sardegna contrapposti all’Impero d’Austria, il conte Cavour lancia in Lombardia la parola d’ordine dell’insurrezione generale e immediata. Tuttavia, le capacità della Società nazionale e dei cospiratori locali si rivelano inadeguate: in concreto nulla di significativo accade a Milano fino allo sgombero delle truppe austriache e non mancano, anzi, manifestazioni filoasburgiche nelle campagne lombarde e nel capoluogo. Le cose vanno meglio per il Conte nei piccoli Stati della penisola, grazie ‘alla destabilizzazione interna ‘ nota lo storico Roberto Martucci ‘ condotta dagli agenti cavouriani con le tecniche abitualmente usate dalle potenze europee in un contesto coloniale: invio di agenti provocatori, acquisto dei notabili locali, promesse di carriera ai quadri militari’. I movimenti di metà giugno nelle Marche pontificie sono del tutto effimeri e le ribellioni rientrano prima dell’arrivo dell’esercito, mentre a Perugia i membri del Governo provvisorio, pur non avendo alcuna possibilità di successo, decidono di resistere, ascoltando i suggerimenti di Cavour che intende trarre profitto da quella resistenza sul piano propagandistico. Anzi, secondo don Giacomo Margotti, direttore del giornale cattolico piemontese L’Armonia, ‘avendo pochi settari ribellata Perugia alla Santa Sede’ e chiesto al Cavour come regolarsi, ‘ebbero in risposta da quell’autorevole diplomatico doversi difendere; giacché anche nel caso di avversa fortuna, meglio era far figurare il Papa come carnefice, che farlo comparire come vittima’. La sollevazione si risolve in un grave insuccesso per i liberali, che possono però gridare alle ‘stragi di Perugia’ dopo la riconquista pontificia del 20 giugno, ordinata direttamente dal segretario di Stato di Papa Pio IX, il card. Giacomo Antonelli, che chiede di trattare con severità i capi degli insorti. Il sostituto ministro alle Armi invita il colonnello Schmid, comandante di un reggimento di svizzeri, a intervenire con il massimo rigore, che diventa però grave violenza dopo l’ingresso dei soldati in città. Non sembra esservi mai stato un ordine di saccheggio, cosicché sembra verosimile la versione ufficiale pontificia che definisce i caduti civili come vittime di ‘truppa che aveva perso il controllo’.

AUTORE: Roberta Vinerba