Rsa, servizio a rischio. Appello alla Regione: “Parliamo”

Ha sollevato grande attenzione la lettera/comunicato diffuso alla stampa la scorsa settimana da sette gestori di servizi sociosanitari, che offrono al territorio regionale circa 500 posti letto per ospiti non autosufficienti in regime di convenzione con il Servizio sanitario regionale. Rappresentano quel sistema regionale che offre circa 1.700 posti letto, ma ne servirebbero molti più di duemila. E nei prossimi anni la domanda per questo servizio non è certo destinata a diminuire.

Le sette strutture che chiedono l’aggiornamento
delle tariffe dei servizi convenzionati

Le sette strutture (Fondazione Fontenuovo, Opere Pie Donini-Fondazione, Fondazione Sodalizio San Martino di Perugia, Fondazione Creusa Brizi Bittoni di Città della Pieve, Fondazione Casa Serena Zefferino Rinaldi di Magione, Opera Pia Bartolomei Castori di Foligno, Residenza Protetta San Giovanni Bosco di Castel Viscardo) si sono fatte voce di una esigenza che riguarda tutto il settore: l’aggiornamento delle tariffe dei servizi convenzionati.

A dicembre avevano già richiesto un confronto
con l’Amministrazione regionale

La scelta di diffondere una nota alla stampa è maturata dopo aver atteso invano un riscontro alla lettera che avevano inviata all’Amministrazione regionale il 22 dicembre scorso, nella quale “chiedevano urgentemente un confronto in merito alla perdurante inadempienza della Regione al suo obbligo, riconosciuto per legge, di adeguare periodicamente le tariffe dei servizi convenzionati alla dinamica dei costi”.

Come funziona il sistema

Ma perché è così importante la decisione della Regione? Il sistema funziona così: la Regione stabilisce le caratteristiche del servizio (dai pasti a quanti operatori sociosanitari, infermieri, medici, devono essere presenti nella struttura, ai requisiti degli alloggi) e stabilisce quale è la tariffa che la struttura può applicare agli ospiti. Questa tariffa per il 50% è coperta dal Servizio sanitario regionale e per il 50% dall’assistito (salvo casi di indigenza nei quali intervengono i servizi sociali) Il punto è che mentre la Regione pone obblighi stringenti sulla qualità del servizio in termini di prestazioni e standard di servizio crescenti (per esempio assistenza infermieristica giorno e notte) le strutture neppure volendo possono decidere di far pagare di più gli assistiti.

Ma nel frattempo devono sostenere costi crescenti per l’adeguamento dei contratti di lavoro dei dipendenti o, banalmente per l’aumento del costo della vita. “Lo squilibrio crescente fra i costi e le entrate – hanno denunciato le strutture che hanno diffuso la nota alla stampa – mette le strutture in una situazione di oggettiva difficoltà economica che espone a rischio la loro stessa sopravvivenza o quanto meno la continuità del servizio convenzionato”.

Promesse non mantenute

In Umbria le tariffe sono ferme da vent’anni, con piccoli aggiornamenti. Nel marzo 2022, sccrivono gli Enti gestori nella nota, la Regione “aveva proposto (di fatto imposto) agli enti gestori un ‘accordo ponte’, da valere fino al 31 dicembre 2022, con un adeguamento solo parziale delle tariffe ai costi e con la promessa di un adeguamento completo a decorrere dal 1° gennaio 2023. Ma il 2023 è trascorso, è iniziato il 2024 e dei nuovi provvedimenti attesi non si è più sentito parlare”.

Situazione insostenibile

Gli enti gestori dei servizi sono enti senza scopo di lucro. A rischio quindi non è il loro profitto ma il servizio dato alle famiglie “Consapevoli del ruolo che è loro proprio al servizio della Comunità e del prestigio che caratterizza la rappresentanza di Enti che costituiscono un bene collettivo e identitario della Comunità stessa, gli Amministratori si augurano di continuare ad essere parte integrante del Sistema sanitario regionale, nella consapevolezza però che i patrimoni affidati alla loro responsabilità non possano essere compromessi in conseguenza di una incomprensibile sottrazione alla propria responsabilità da parte di chi rappresenta pro tempore l’Istituzione regolatrice”.

È una richiesta di metodo

La seconda richiesta che le strutture pongono alla Regione è di metodo.  “In questo quadro, nella riunione del 19 gennaio le strutture hanno ribadito la necessità di proseguire nella propria attività di coordinamento e nella volontà di rivendicare il diritto ad un confronto leale e costruttivo con la Regione” scrivono nella nota stampa.

Il clamore mediatico suscitato dalla nota ha avuto un primo effetto, quello di far sapere alle strutture che nelle stanze della Regione c’è chi sta facendo i conti per ridefinire le tariffe, e per farlo ha anche iniziato ad ascoltare diversi soggetti (associazioni di categoria, sindacati, cooperative) in qualche modo rappresentativi del territorio e dell’utenza; ma non ha previsto (almeno sinora) un dialogo esplicito e diretto con gli enti gestori intesi come controparte contrattuale.  Gli enti gestori invece ritengono che sia necessaria o comunque opportuna una trattativa diretta.

Come si calcola il costo del servizio?

C’è poi un problema. Come stabilire il costo del servizio? Si potrebbe pensare si possa fare stilando un elenco analitico dei singoli costi pro capite del mantenimento degli ospiti (esempio: quanto costa giornalmente il vitto di ciascuno?). In realtà, spiegano i responsabili degli Enti gestori, non è così semplice perché se si vuol fare un calcolo analitico le voci di costo sono infinite: quanto costa il personale amministrativo? Ma, prima ancora, di quanto personale amministrativo ha bisogno una casa con 50 ospiti? E poi: quanto costano le pulizie? “uanto costa il riscaldamento? “uanto costano i vari consulenti necessari (dal consulente per il lavoro a quello per la sicurezza, ecc. ecc.).  Poi ci sono i costi per le attrezzature, o i costi per interventi straordinari di manutenzione delle strutture, ecc.

La difficoltà aumenta se si considera che tutti i costi che si vogliono calcolare non sono fissi nel tempo, al contrario aumentano tutti – quale più quale meno – e perciò nel momento in cui si arriverà a stabilire la “tariffa omnicomprensiva” si dovrebbe subito stabilire a quale scadenza e con quale metodo si dovrà provvedere all’aggiornamento.

Gli enti gestori sono ancora in attesa di una risposta ufficiale dalla Regione. L’auspicio è che si apra un tavolo di confronto con tutti i soggetti (enti gestori, famiglie, sindacati dei lavoratori, ecc) e che si giunga al più presto ad una soluzione che consenta di mantenere e possibilmente incrementare un servizio che già oggi non copre le necessità degli umbri.

LASCIA UN COMMENTO