A Orvieto sei diaconi per una Chiesa che spera

La cerimonia è stata presieduta dal Vescovo

Ci sono momenti di forte rilievo nella vita di una comunità ecclesiale, che si vivono con intensità e larga partecipazione. Quando, a fine giugno, nella grande calura, arriva la festa dei santi apostoli Pietro e Paolo, è tempo di raccolta e si puntano gli occhi nei campi in cerca di ciò che si è maturato nel tempo. I frutti ideali sono quelli del sacerdozio, oggi purtroppo divenuto assai raro, che si colgono con particolare cura e si depongono nel grembo della Chiesa come creature di pregio. E fanno felice l’agricoltore in maniera sublime. E ogni prete ritorna con nostalgia a quella immensa gioia, quando, tra esaltazione e smarrimento, sente sopra di sé lo scroscio dello Spirito tra cento mani distese, sopra la sua testa, e quella voce che gli diceva: ‘Tu es sacerdos in aeternum’ dilagare e battere e ribattere come un’onda indomabile tra confini invisibili. E quelle mani unte che sapevano di luce e di fragranza prodigiosa. Quanti baci, le labbra avide e riarse sembravano abbeverarsi! Ma anche sei uomini, nel pieno della vita e con oltre il carico degli anni quello della famiglia, che al richiamo della Chiesa dicono sì con donazione globale ed obbedienza concreta, è uno spettacolo che rincuora. Sei pezzi di umanità che abbiamo visti stesi a terra, sotto le volte del tempio, annientati come se volessero da una nullità protestata e rivissuta rinascervi nuovi, integri sotto quella pioggia d’invocazioni che forzava a spalancare il cielo. Gli edifici non sono fatti solo di pietre angolari, sì, esse sono assolutamente necessarie, ma altrettante le colonne, i pilastri, le travate dei tetti e perfino le singole pietre, altrimenti non si può edificare. Erano tutti distesi lunghi sul pavimento come materiali da costruzione per un gran cantiere, attendendo solo la mano possente del Costruttore divino che li mettesse in piedi. Si sono alzati ed hanno indossato, con la dalmatica, il loro abito da lavoro. Sono gli operai delle seconde ore del giorno che, al richiamo del Signore sceso in piazza, hanno risposto sì e sono andati anche essi nella vigna a lavorare. Il Vescovo ha loro indicato il luogo; a ciascuno il proprio compito. Tre sono i campi della Chiesa: la liturgia, la catechesi, la carità: soprattutto, ora, la catechesi e la carità, ha loro raccomandato. Essi sono per nascita e vocazione i dispensieri dei tesori della Chiesa. E poi la consegna degli strumenti: principalmente il vangelo ed essi lo hanno issato in alto come una bandiera. C’è scappata inevitabile la battuta di mani. Perché la Chiesa è capace ancora di godere, della verità e dell’amore. In questa esultante atmosfera si è quindi consumata la divina Eucarestia, divorata prima con gli occhi e poi con la bocca, da tutti. Infine il pastore li ha solennemente benedetti: Dio porti a compimento quello che voi avete promesso. Andate per il mondo! Il cielo sul far della sera s’era riconciliato definitivamente con la terra: il sole estivo, ormai anche lui placato, da occidente, inviava raggi lucidi e dolci, accarezzava le mura, le torri, i pilastri del Duomo, incantati nel rapimento serale, la folla dei parenti e degli amici hanno sostato sulla piazza, facendo ressa intorno ai sei nuovi privilegiati, spinti quasi da un combattuto insopprimibile desiderio di riappropriarsi di loro.

AUTORE: P.M.