A rischio

I servizi segreti hanno detto che ci sono punti caldi a rischio di attentati anche in Italia. Il ministero degli Interni ha smentito, ma la gente è preoccupata. E’ da tempo che serpeggia questa idea. Tra le altre sono state indicate le città di Perugia, Assisi e Roma. Non possiamo comprendere le ragioni di queste supposizioni. Né conosciamo la loro fondatezza. Secondo una certa logica si dovrebbe pensare il contrario, perché le città sopra indicate sono centri in cui si predica e si pratica la tolleranza, il dialogo, la comprensione tra i popoli e le religioni. A Perugia ci sono due università dove gli studenti esteri sono stati sempre considerati ospiti rispettati, desiderati e valorizzati, vi è un Centro di dialogo ecumenico e interreligioso, vi è la Tavola della pace che propone numerose iniziative, che qualcuno ritiene anche troppo vicine alle posizioni dei Paesi arabi (anche in questi giorni è attiva per partecipare in massa alla manifestazione pacifista di Roma). Ad Assisi vi sono comunità di religiosi francescani da sempre vicini alle popolazioni palestinesi e con insediamenti in Paesi a maggioranza musulmana. Assisi è poi la sede dove si sono svolti gli incontri mondiali delle religioni per la pace. Non parliamo di Roma e del Vaticano, che è stato ed è promotore di iniziative diplomatiche culturali e religiose di alto profilo per favorire l’incontro tra popoli e religioni. È ben nota poi la posizione del Papa contro la risposta della guerra in Iraq. La S. Sede inoltre partecipa anche al Comitato europeo per il dialogo islamo-cristiano. Si può obiettare che agli ‘islamisti’, cioè i fanatici integralisti musulmani che teorizzano il terrorismo come mezzo di lotta politica ammantata di ideologia religiosa, tutto ciò non interessa perché nutrono solo la volontà di scatenare una guerra contro l’Occidente e per contrastare i Paesi arabi filoccidentali. Avrebbe ragione il noto scrittore americano Huntinghton che ha pronosticato uno ‘scontro di civiltà’. Solo Dio sa, e chi vivrà nei prossimi decenni saprà, se ciò è vero. Ma se lo fosse il rischio di subire un attentato non è di questo o quel determinato luogo, ma di tutti in qualunque situazione, senza possibilità di previsione, perché sarebbe preso di mira tutto l’Occidente identificato con la Cristianità e tutta la Cristianità identificata con l’Occidente. Non ci sarebbero distinzioni e sconti, come per i viaggiatori dei treni di Madrid, come per la piccola di sette mesi, colpita in braccio a sua madre. A questo punto, se si deve trarre questa conclusione (speriamo che sia errata), non c’è altra strada che quella di raccogliere la sfida attivando una convinta e comune ferma repressione di ogni forma di terrorismo ovunque si annidi, seguendo le leggi internazionali della difesa contro le aggressioni terroristiche considerate come nuove funeste forme di belligeranza. Contemporaneamente, però, ed è ciò che oggi è particolarmente carente e per questo oltremodo necessario, si devono riversare immense energie (umane ed economiche) in un’azione efficace di tipo culturale, politico e religioso volta ad abbattere i fondamentalismi di ogni tipo e di ogni luogo, per unire gli uomini, riconciliare i popoli, educare le masse dei giovani attraverso i moderni massmedia, ai valori della vita, della dignità umana, della giustizia e della libertà (sono i pilastri della pace secondo la Pacem in terris), risparmiando la vita di ogni essere umano sulla terra, compresa quella dei musulmani. È la via indicata da Giovanni Paolo II, un profeta inascoltato, che pure ci è stato dato per il nostro tempo.

AUTORE: Elio Bromuri