A tavola si rivela chi siamo

AltareBibbiaIn questo brano Luca ci presenta un episodio raccontato anche dagli altri evangelisti, seppure in maniera diversa. Con l’attenzione al particolare e la vivacità che lo contraddistinguono, Luca dipinge un affresco di straordinaria intensità e ricchezza, che possiamo guardare da molte angolazioni. L’angolazione che abbiamo scelto è la seguente. Siamo a tavola, e Gesù è un commensale, invitato alla mensa di un fariseo di nome Simone. A Gesù piaceva stare a tavola, tanto che si era quasi fatto la fama di beone e di mangione (vedi Mt 11,19). Ma Gesù sapeva che la tavola è un luogo straordinario per costruire la comunità, per stringere rapporti, per rafforzare le amicizie. Ecco perché la tavola è così importante in una casa. Da come è fatta una tavola, si capisce come è fatta una famiglia. Una tavola piccola con poche sedie fa vedere una famiglia poco aperta all’accoglienza. Una tavola disadorna, relegata in un angolo, fa vedere quanto poco sia importante l’attenzione all’altro. Nelle famiglie dei nostri progenitori, famiglie contadine, stare a tavola era l’occasione per vivere insieme momenti belli e momenti brutti della famiglia. Dopo un lutto si era soliti ritrovarsi insieme con amici e parenti e fare un pasto comunitario per ricordare il defunto. Il matrimonio era un’occasione per fare festa, e tutto il paese si riuniva a casa dei festeggiati (non al ristorante). La tavola quindi era un elemento importante sia per la famiglia che per la comunità. Ma come per la nube che accompagnava la fuga di Israele verso il Mar Rosso, buio per gli egiziani e luce per gli ebrei, la tavola è “segno di contraddizione”, di crescita ma anche di scandalo. Perché la tavola scopre, rivela. A tavola ci si conosce e ci si riconosce. O si pensa di conoscerci e riconoscerci.

Simone il fariseo pensava di conoscere Gesù: un uomo interessante, ma che lui misurava con il suo metro. Un parametro fisso, rigido: o stai dentro o stai fuori. Per un “metro” non esiste il perdono ma solo il giudizio. Troppo spesso per Simone, ma anche per noi, si misura con il metro del “valore”, della “morale”, della “religione” e non con il metro dell’amore. Per un valore, o sei buono o sei cattivo. Se si perde di vista la persona, il valore non può perdonare, perché è prevista una relazione solo con un parametro ideale, quello del “moralmente, eticamente corretto”, del “secondo la legge”. Simone pensava di conoscere “quella là”. Una donna di malaffare, una peccatrice. Ma la tavola ti avvicina. Mangi lo stesso pane, fianco a fianco, gomito a gomito. È più facile capire: la tonalità della voce, il gesto della mano, l’espressione del volto spiegano più di tante parole. Sei così vicino che potresti sentire il pensiero di chi ti sta accanto. “Simone, ho qualcosa da dirti”. Questo metro non va proprio bene. Non funziona per Gesù e non funziona nemmeno per la donna. La tavola avvicina e svela. Succederà ancora: un’altra tavola, in cui un boccone dato a un amico rivela il nome di un traditore. Era già successo: una rivelazione alla tavola di una festa di nozze. “Manca il vino”… e un semplice gesto cambia le cose. Uno svelamento straordinario. Un miracolo che solo chi era vicino a tavola ha potuto vedere. Le nostre tavole sono troppo spesso posti in cui si consuma un pasto in solitudine e non si condivide nulla. Eppure Gesù ha scelto il pane e il vino per significare addirittura il suo corpo e il suo sangue. Simboli che dovremmo riscoprire nella loro semplicità, ma anche nella loro “pericolosità”. Occorre essere sinceri a tavola. Se invitiamo Cristo alla nostra tavola, può essere pericoloso. Ma se sapremo invitarlo come ospite d’onore, rivelando noi stessi e la nostra vera identità, allora la tavola diventerà una vera comunione con i nostri commensali. La radice umana è il terreno concreto delle nostre eucarestie; la base su cui Cristo costruisce la sua Chiesa. I cinque pani e due pesci che Gesù trasfigura nel suo corpo e suo sangue, senza i quali (se non glieli offriamo) non potrebbe trasfigurare un bel nulla. Se sapremo farlo, spegnendo telefonini e facendo più attenzione a chi ci sta accanto, se impareremo a misurare con l’amore, allora le nostre tavole diventeranno palestre in cui riconoscere il vero volto del commensale, in cui accorgerci del gesto straordinario dell’offerta del profumo prezioso, del pianto che lava i piedi, dei capelli che asciugano. Se sapremo avere lo sguardo di Gesù, esse ci aiuteranno a far crescere le nostre famiglie e le nostre comunità.

Chi è la famiglia Riccardini-Carli

 

AUTORE: Maria Grazia Riccardini, Luciano Carli