Addio ‘vantaggio competitivo’

Dopo gli anni '90 l'economia umbra è entrata in crisi. Non basta più aspettare i fondi, occorre puntare sulla qualità

Il direttore dell’Agenzia umbra ricerche, Stefano Patriarca, ha evidenziato come le alte performance registrate dall’economia umbra al tempo dell’avvento dell’euro nel periodo 1995-2000, e delle politiche di stabilizzazione del debito pubblico, abbiano ‘ per contro ‘ rallentato quel processo di riorganizzazione di cui l’economia umbra ha oggi estremo bisogno. Ci si è, insomma, cullati sugli allori. ‘L’Umbria – ha sostenuto il direttore dell’Aur – ha perso quel ‘vantaggio competitivo’ di cui aveva goduto negli anni di transizione. Uno dei motivi che probabilmente ha ritardato nella nostra regione l’inizio dei processi di trasformazione e riorganizzazione è connesso al fatto che, nella seconda parte degli anni ’90, tutto sommato sembrava che il sistema produttivo ‘tenesse’ e il modello ‘tenesse’ rispetto alle altre regioni’. Puntare sui cluster d’impresaIl direttore generale di Sviluppumbria Spa, Vinicio Bottacchiari, ha puntualizzato che l’economia umbra ha subito, negli ultimi trenta anni, oltre una decina di crisi, aggiungendo: ‘All’economia umbra non serve più quella ‘danza immobile’ che da decenni riproduce se stessa. Non basta più spartirsi i soldi che arrivano dalla Regione. Adesso si deve intervenire sistematicamente, occorre necessariamente concentrare le risorse sulle imprese che vanno bene, quelle che puntano sull’eccellenza e che sono pronte a misurarsi con le eccellenze di altre regioni italiane e di altri Paesi. In tutta l’Umbria – ha concluso Bottacchiari – ci saranno al massimo 5 o 6 aggregazioni di imprese (cluster) in grado di percorrere questa strada, al fianco dell’università e delle banche’. Per un sistema produttivo di qualitàIl direttore generale dell’Area programmazione della Regione dell’Umbria, Lucio Caporizzi, ha rilevato come l’Italia e l’Umbria abbiano una disoccupazione intellettuale alta, cosa che non è un buon segno: ‘Da noi – ha detto Caporizzi – il sistema produttivo non richiede manodopera qualificata. Non giungono infatti gli ingegneri indiani, come avviene invece in Gran Bretagna o in altri Paesi europei, semplicemente perché le nostre imprese non li cercano’. Come sostenere allora il sistema produttivo? ‘I vecchi modelli di aiuto sono irrimediabilmente da scartare – ha continuato Caporizzi, – la sfera pubblica deve intervenire per riqualificare il settore produttivo, sviluppare i centri di competenza e la ricerca. Questo lavoro, con i pochi fondi a disposizione, darebbe certamente i suoi frutti, in una regione che può contare su un sistema di pubblica amministrazione efficiente e privo di corruzione’.

AUTORE: Paolo Giovannelli