Ai giovani qualcosa di più

Stando per varie ragioni, e non da oggi, a contatto con giovani, viene spontaneo sentirsi chiamati in causa da alcune notizie di stampa secondo cui il 12% di giovani umbri non possono donare il sangue per le trasfusioni richieste in ambito sanitario, perché assuntori di sostanze stupefacenti o alcol o per aver avuto rapporti sessuali non protetti. Da un versante analogo suona molto amara la dichiarazione dell’assessore regionale alle Politiche sociali, che denuncia un ‘allarme overdose’ tra gli assuntori di eroina. Infatti in Umbria si ha un rischio più alto della media nazionale. La percezione del pericolo diventa ancora più acuta e crea a molti disagio quando sono in atto manifestazioni di massa quali Umbria Jazz, in una città che ospita migliaia di studenti universitari. Questi dati costringono tutti ad una presa d’atto. Chi vuol negare che vi sia un”emergenza’ chiamata ‘educativa’, ma che è anche altro, si pone fuori della ricerca delle cause e dei rimedi. Ognuno può avere le proprie opinioni in merito. Penso però che vi possa essere accordo sul fatto che, oltre alla ricerca della riduzione del danno e la rincorsa a sostanze come il ‘narcan’ che annulla l’effetto dell’eroina, oltre alla distribuzione di bibite fresche e panini, di siringhe sterili, di persone disponibili ad ascoltare le bugie dei tossicodipendenti, divenendone in qualche modo amici e complici, ci sia bisogno di qualche cosa d’altro. Un progetto di vita e di società, un obiettivo di lavoro e di professione, la formazione di una famiglia, l’impegno sociale e politico per risolvere problemi concreti della vita collettiva e mondiale, un ideale religioso e umanitario. Qualcosa che riscaldi il cuore e il cervello, che non sia un acido o altra droga. Sostenere l’impulso spontaneo e l’entusiasmo creativo proprio dell’età giovanile. Investire su questi terreni per crescere vuol anche dire credere nel futuro e dare motivi si speranza alle generazioni che avanzano. Un tempo si diceva: poveretti hanno ragioni da vendere, per lo sfascio della società, la povertà, la disoccupazione. Possiamo continuare con questa lamentela? Sappiamo bene che anche i ricchi piangono per i figli che scappano, anche chi ha lavoro si buca e chi ha soldi in abbondanza trucca le carte per averne di più. Le tentazioni alla trasgressione e persino alla disperazione ci sono e ci saranno sempre. Ma una società che si limita ad offrire il narcan per evitare la morte per overdose, o le siringhe per evitare le infezioni, la difesa dei tossicodipendenti perché non siano discriminati, ha già perduto la sua battaglia. La stessa pratica della riduzione del danno, resa pur legittima per ragioni di pubblica utilità, in quanto meno costosa per la collettività rispetto al danno conseguente, dovrebbe essere messa insieme ad altre pratiche nell’orizzonte di filosofia personalista che punta alla riabilitazione delle persone, e non chiusa dentro i limiti dell’utilitarismo sociale di marca anglosassone. Anche la repressione del narcotraffico deve essere più intensa, e applicata anche ai piccoli spacciatori. La gente spesso si domanda perché questo non venga fatto più spesso e pensa che vi sia un eccesso di permissivismo che è sintomo di indifferenza. Se non si reagisce, alla fine, nonostante ogni possibile riduzione, il danno risulterà ancora maggiore.

AUTORE: Elio Bromuri