Alte dosi di trasgressione

PERUGIA. Torna alla ribalta l'emergenza droga

Un uomo di 42 anni, di Siena, è stato trovato morto a Perugia il 21 novembre. La morte sarebbe avvenuta in seguito a un’overdose. L’uomo – si è appreso – faceva regolarmente uso di droga. Non è ancora chiaro se abitasse nel capoluogo umbro o se fosse giunto a Perugia dalla Toscana. Il corpo è stato trovato nel parcheggio di Sant’Antonio. Sempre a Perugia, lo stesso giorno un palermitano di 39 anni è stato soccorso mentre era a bordo di un autobus, in seguito a un malore anche in questo caso dovuto a overdose. Nei giorni scorsi nel capoluogo umbro erano morte altre due persone: un colombiano di 20 anni e un ventottenne perugino. Il Comune ha annunciato che ‘valuterà la possibilità di costituirsi parte civile contro gli spacciatori come ha fatto, con successo, nei procedimenti a carico degli sfruttatori delle donne costrette a prostituirsi’. Il gesto del Comune è nobile, e il Sindaco ha buone ragioni di lamentarsi per l’enorme quantità di sostanze presenti da tempo sul mercato perugino. La responsabilità perciò sarebbe a carico delle Forze dell’ordine che non riescono a controllare il territorio e a – almeno – frenare l’afflusso di sostanze tossiche. Il discorso però si allarga. Se c’è tanta droga in giro vuol dire che c’è domanda, e su ciò le responsabilità sono molteplici. Sono naturalmente chiamati in causa tutti i soggetti individuali e collettivi che hanno compiti educativi, e più in generale la cultura diffusa impregnata di antiproibizionismo radicale, di esaltazione della trasgressività in tutti i campi, di incentivazione dei circoli culturali alternativi e di manifestazioni di massa funzionali all’uso di droga. Lo stesso decreto del ministro della Sanità Turco, di raddoppiare la dose di cannabis per uso personale, benché essa si dichiari animata da intenzioni più che legittime, non viene percepito altro che come una strizzatina d’occhio dal fumatore, che recepisce un messaggio più che chiaro: ‘Fuma pure, tanto a noi non importa niente. C’importa solo di evitare noie con la polizia e di non intasare le carceri’. Da ciò nasce che il problema non è di farsi parte civile nei processi, ma di lavorare per una diversa convivenza civile e una diversa attenzione a chi sta distruggendosi la vita. I tossici, dai 30 ai 40 anni in genere o smettono o muoiono. Molti muoiono anche prima, come quel giovane perugino di 28 anni che incontravamo ogni giorno nei dintorni di piazza IV Novembre quando ci chiedeva con moderata insistenza qualche spicciolo… di morte.

AUTORE: E. B.