Anziani in Umbria. Che fare?

Attualmente sono 200.000 le persone con più di 65 anni. 50.000 hanno più di 80 anni

A partire dal 2005 gli anziani non autosufficienti della nostra regione potranno usufruire di un assegno di cura di 413 euro. La cifra stanziata di 3 milioni e 600 mila euro consentirà a 800 di essi di godere di tale beneficio. Un numero ridotto rispetto ai 43.000 anziani possibili destinatari. Comunque un provvedimento nella giusta direzione. Purché tale assegno sia considerato un ulteriore intervento, non di tipo assistenziale secondo la vecchia logica di monetizzazione dei bisogni, per rispondere al complesso delle problematiche relative al progressivo invecchiamento della popolazione umbra. Occorre una forte innovazione e diversificazione nell’offerta di servizi socio – sanitari rivolti agli anziani, autosufficienti e non, capaci di fronteggiare le nuove esigenze senza scaricare, come avviene oggi prevalentemente, tutto il peso economico, psicologico e sociale sulle famiglie e sulle reti parentali. Ciò vuol dire rendere effettivamente esigibile l’Adi (Assistenza domiciliare integrata) potenziandone e qualificandone i servizi, con particolare attenzione allo sviluppo delle capacità relazionali degli operatori nel leggere le richieste non formulate o le sofferenze inespresse e nel saper dare risposte che tengano conto anche del bisogno di ascolto. In tale contesto è essenziale la creazione di sinergie e collaborazioni tra servizi, reti familiari, associazioni di volontariato (anche anziano) valorizzando e sostenendo le risorse che la stessa comunità può mettere a disposizione. Purtroppo tale servizio è ancora largamente inadeguato alle necessità delle famiglie. Vuol dire anche accrescere i servizi di semiresidenzialità (Centri diurni, Case di Quartiere, ecc.) che sappiano coniugare il sollievo alle famiglie e l’offerta di attività riabilitative, ricreative, di socializzazione. Anche qui, purtroppo, sono poche le strutture sociali realizzate dai comuni. Vuol dire, infine, potenziare e qualificare le strutture residenziali (Residenze sanitarie assistite e Residenze protette) non solo adeguando il numero dei posti garantiti (oggi 1200 a fronte di 2100 anziani attualmente ospitati e circa 400 in lista di attesa), ma anche procedendo con più coerenza e speditezza (tempi lunghi e burocrazia imperano) nel processo autorizzativo e di accreditamento affinché le strutture residenziali siano adeguate agli standard di qualità previsti. Le risorse economiche necessarie sono certamente insufficienti. Non è stato possibile, per indisponibilità del Governo nazionale, istituire un Fondo nazionale per i non autosufficienti. Sa va ventilando la possibilità di istituirne uno a livello regionale alimentato da una tassa di scopo. La cosa non è scandalosa purché siano chiaramente definite le finalità del Fondo. In primo luogo le modalità di gestione, con vera e effettiva partecipazione di tutti i soggetti, anche sociali, per una puntuale e corretta destinazione delle risorse. Comunque la necessità di differenziare i servizi rivolti alla popolazione anziana nasce non tanto, e non solo, dalla carenza di risorse in rapporto al crescente numero di potenziali utenti, quanto al maturare di una nuova coscienza circa la necessità di restituire alle persone anziane il potere di autodeterminazione, cioè di scegliere tra i vari servizi possibili quelli più rispondenti alle proprie preferenze, fermo restando l’appropriatezza degli stessi e la valutazione del rapporto costo/benefici per quanti a carico della collettività.

AUTORE: Pasquale Caracciolo