Aspettative e spunti di riflessione

Continuare a seminare

Si svolgerà a Ciconia, Orvieto, il Convegno ecclesiale: “Il volto missionario della Parrocchia”. Il convegno ecclesiale diocesano, sul tema della parrocchia, rappresenta per la Chiesa di Orvieto-Todi un momento di seria riflessione pastorale. Dalle parole del vescovo mons. Scanavino riusciamo a cogliere l’importanza di questo evento molto atteso in tutta la diocesi. Eccellenza, questo convegno è l’inizio di un nuovo progetto pastorale per la Chiesa diocesana? “Parlare di un nuovo progetto pastorale mi sembra esagerato, tanto più che le linee programmatiche riguardano il progetto più antico della Chiesa, che vorremmo nuovamente fare nostro: riportare l’Eucaristia al centro della vita parrocchiale. Abbiamo bisogno di rimettere alla base della crescita e dello sviluppo della comunità parrocchiale gli elementi fondamentali del sacramento eucaristico: l’ascolto e la meditazione della Parola di Dio e la refezione del Pane di vita, che ci permettono di costruire il Corpo di Cristo che è la Chiesa. A questo Corpo serve l’organizzazione sociale della parrocchia, ma non possono mancare gli elementi soprannaturali che la fondano, quali la Parola e il Pane”. Cosa si aspetta da questo convegno ecclesiale? “Semplicemente una nuova presa di coscienza di quanto tutti dobbiamo fare e non tralasciare. Non si possono supporre certi valori che stanno alla base della costruzione della comunità cristiana e poi continuare a fare come sembra più opportuno a ciascuno di noi, secondo la nostra visione umana delle cose. Se la comunità è anzitutto di Dio, cioè una comunità di fede, non possiamo trascurare proprio l’impegno personale di fede che ci pone costantemente a confronto con il modello e la prospettiva di Dio. Se dobbiamo costruire la famiglia di Dio, non possiamo pensare ad una parrocchia organizzata in modo che solo qualche gruppo abbia la prevalenza o il dominio. Che poi, di fatto ci siano sempre piuttosto alcuni che si impegnano fino a dare tutto, questo fa ugualmente parte del gioco, purché non sia la prevalenza di una politica umana sul disegno dello stesso Cristo, che vuole che la sua Chiesa sia una famiglia in cui c’è posto per tutti. È una conversione seria che ci si aspetta, dalla guida stessa della parrocchia fino a tutti i suoi componenti, i catechisti, gli operatori della liturgia e della carità”. Lei pensa che sarà possibile dare un volto nuovo e missionario alle nostre parrocchie in un contesto sociale e culturale molto difficile? “Se non fosse possibile, significherebbe che la Chiesa ha fallito. Cambiano i tempi e il contesto in cui la Chiesa è chiamata ad operare, ma qui sta il bello della sfida. Se ciò che ci proponiamo come Chiesa dovesse valere solo per qualche cultura, da tempo sarebbe finita la missione della Chiesa. Il suo compito invece è di inserirsi in ogni cultura, perché il messaggio che deve proporre e la missione che deve compiere passa attraverso le diverse culture e va oltre i tempi che passano. La parrocchia è proprio la realizzazione nel tempo di un disegno, di una città, che variano continuamente nelle strutture esteriori, ma che non possono rinunciare all’originalità di quell’amore che deve animare i tempi e le strutture e che viene direttamente da Colui che ha progettato il tutto e vuole continuare a dirigere il progetto e il cantiere. Se dobbiamo produrre grano buono, nonostante la presenza della zizzania, significa che dobbiamo continuare a seminare e a verificare la qualità del nostro seme e del nostro campo, non rinunciare alla nostra missione, pensando che sia diventata troppo difficile o quasi impossibile. Non possiamo rinunciare a produrre amore”.

AUTORE: Don Marcello Cruciani