Attirati da Dio

Catechesi sul Credo. Proseguono gli approfondimenti del Papa per l’Anno della fede
La Rivelazione a Mosè nel roveto ardente

Il progetto di amore di Dio per l’umanità – centro esistenziale della fede – è stato al centro dell’udienza generale tenuta mercoledì da Benedetto XVI in aula Paolo VI (testo integrale sul sito www.vatican.va).

La nostra vocazione, ha ricordato, “non è semplicemente esistere nel mondo, essere inseriti in una storia, e neppure soltanto essere creature di Dio; è qualcosa di più grande: è l’essere scelti da Dio, ancora prima della creazione del mondo, nel Figlio, in Gesù Cristo. In Lui noi esistiamo, per così dire, già da sempre. Dio ci contempla in Cristo, come figli adottivi”. E lo scopo ultimo di questo disegno misterioso “è quello di ricondurre a Cristo, unico capo, tutte le cose”.

Qui si innesta un riferimento immediato al Concilio Vaticano II, che “nella Costituzione dogmatica Dei Verbum dice: ‘Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso – non solo qualcosa di sé – e far conoscere il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini, per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito santo hanno accesso al Padre e sono così resi partecipi della divina natura’ (n. 2). Non solo dice qualcosa: si comunica, ci attira nella divina natura, cosicché noi siamo coinvolti nella natura divina, divinizzati. Dio rivela il suo grande disegno di amore entrando in relazione con l’uomo, avvicinandosi a lui fino al punto di farsi uomo”.

Benedetto XVI ha quindi sottolineato che “questa comunione in Cristo per opera dello Spirito santo, offerta da Dio a tutti gli uomini con la luce della Rivelazione, non è qualcosa che viene a sovrapporsi alla nostra umanità, ma è il compimento delle aspirazioni più profonde, di quel desiderio di infinito e di pienezza che alberga nell’intimo dell’essere umano, e lo apre ad una felicità non momentanea e limitata, ma eterna… Il beato Papa Giovanni Paolo II ricordava che ‘la Rivelazione immette nella storia un punto di riferimento da cui l’uomo non può prescindere, se vuole arrivare a comprendere il mistero della sua esistenza; dall’altra parte, però, questa conoscenza rinvia costantemente al mistero di Dio, che la mente non può esaurire, ma solo accogliere nella fede’ (Fides et ratio, 14)”.

In questa prospettiva – ha rilevato ancora il Papa – l’atto di fede “è la risposta dell’uomo alla Rivelazione di Dio, che si fa conoscere, che manifesta il suo disegno di benevolenza. È, per usare un’espressione agostiniana, lasciarsi afferrare dalla Verità che è Dio, una Verità che è Amore. Per questo san Paolo sottolinea come a Dio, che ha rivelato il suo mistero, si debba l’obbedienza della fede (Rm 16,26)”. Atteggiamento con il quale, citando ancora il Concilio, “l’uomo liberamente si abbandona tutto a Lui, prestando la piena adesione dell’intelletto e della volontà a Dio che rivela e assentendo volontariamente alla Rivelazione che egli dà (Dei Verbum, 5)”.

“Obbedienza non è un atto di costrizione, è un abbandonarsi all’oceano della bontà di Dio. Tutto questo porta ad un cambiamento fondamentale del modo di rapportarsi con l’intera realtà, tutto appare in una nuova luce. Si tratta di una vera conversione, un cambiamento di mentalità, perché il Dio che si è rivelato in Cristo e ha fatto conoscere il suo disegno, ci afferra, ci attira a Sé, diventa il senso che sostiene la vita, la roccia su cui essa può trovare stabilità”.

“Nell’Antico Testamento – ha proseguito Benedetto XVI – troviamo una densa espressione sulla fede, che Dio affida al profeta Isaia affinché la comunichi al re di Giuda, Acaz. Dio afferma: ‘Se non crederete – cioè se non vi manterrete fedeli a Dio – non resterete saldi’ (Is 7,9). Esiste quindi un legame tra lo stare e il comprendere, che esprime bene come la fede sia un accogliere nella vita la visione di Dio sulla realtà, lasciare che sia Dio a guidarci con la sua Parola e i sacramenti nel capire che cosa dobbiamo fare, qual è il cammino che dobbiamo percorrere. Nello stesso tempo, però, è proprio il comprendere secondo Dio, il vedere con i Suoi occhi che rende salda la vita, che ci permette di stare in piedi, di non cadere”.

Tempo di Avvento

“L’Avvento, il tempo liturgico che abbiamo appena iniziato e che ci prepara al santo Natale – ha detto Benedetto XVI all’udienza – ci pone di fronte al luminoso mistero della venuta del Figlio di Dio, al grande ‘disegno di benevolenza’ con il quale Egli vuole attirarci a Sé per farci vivere in piena comunione di gioia e di pace con Lui. L’Avvento ci invita ancora una volta, in mezzo a tante difficoltà, a rinnovare la certezza che Dio è presente: Egli è entrato nel mondo, facendosi uomo come noi, per portare a pienezza il suo piano di amore. E Dio chiede che anche noi diventiamo segno della Sua azione nel mondo. Attraverso la nostra fede, la nostra speranza, la nostra carità – ha concluso – Egli vuole entrare nel mondo sempre di nuovo, e vuol sempre di nuovo far risplendere la Sua luce nella nostra notte”.