Benedetto XVI con gli occhi sul mondo

Nel suo pellegrinaggio da Roma ad Assisi e dentro il territorio di questa città, Papa Benedetto XVI ha percorso, in un giorno solo, l’intero arco della vita di Francesco che, seppure non longeva, è stata straordinariamente ricca di eventi. Il tema della conversione racchiude quello che è stato l’evento straordinario e decisivo, ed anche il momento di avvio dell’itinerario spirituale di un uomo che si è tirato dietro compagni e compagne e una grossa fetta della storia della Chiesa rimasta attuale fino al presente. E così il Papa, profondo teologo e vero pastore, è riuscito, con gesti e parole, a fare una sintesi del messaggio francescano, una specie di ‘summa’ attualizzata al presente stato della Chiesa e del mondo. Sarà possibile a tutti leggerla e rileggerla, per avere un orientamento forte e chiaro su ciò che oggi significhino la figura e l’esempio di Francesco d’Assisi. Dopo tanti commenti quello che ci sembra di poter cogliere in particolare è che il Papa non ha visitato i luoghi del passato con l’atteggiamento solo del devoto in preghiera o del visitatore curioso che vuol vedere e sapere, ma come colui che si immette in una storia per continuarne la lettura e la attualizzazione: la storia di un’anima, di una comunità di fratelli e di sorelle, di una Chiesa particolare, e ne fa uno specchio per se stesso, per l’attuale fraternità francescana, per la Chiesa universale con le sue ‘crepe’ da riparare, per il mondo da convertire e i sultani da interrogare. Quando ha detto: ‘Ho fissato anch’io i miei occhi in quegli occhi di Cristo’, è chiaro che rivela qualcosa di suo proprio, un atteggiamento intimo e personale, ma rappresenta anche il senso di tutto: ognuno fissi quegli occhi, ascolti quella voce e prenda le sue decisioni. Si tratta anche oggi di riparare la Chiesa, di fare unità, di riscoprire la coscienza e la dignità dell’essere battezzati, di avere il coraggio del dialogo sincero, franco, fraterno, nella carità, nella verità e nella speranza, dando fiducia all’essere umano fatto ad immagine di Dio. Significa anche fissare gli occhi dei bambini e dei sofferenti, ascoltando la storia, la loro storia. Essa parla come il Crocifisso di San Damiano, che non cessa di invitare a essere sinceri e fare qualcosa per la ‘sua casa’; richiama e interpella come i lebbrosi, che sono molto più numerosi di allora e affetti da malattie ancor più terribili della lebbra; parla e provoca con il rumore delle armi dei crociati di oggi, che non si possono neppure chiamare crociati, perché combattono guerre senza simboli o ideali, solo per il petrolio, il dominio, coloniale o ‘tribale’ che sia. Nella ‘summa’ francescana di Ratzinger, in altre parole, c’è stata l’irruzione della storia presente, storia di una città e di una diocesi, senz’altro, ma anche storia del mondo contemporaneo. Si è sentito nel messaggio all’Angelus, quando ha invocato la pace, con un tono che non si può dire rassegnato e neppure disperato per rigore morale e teologico, ma che è tale, rassegnato e disperato insieme, nella previsione umana degli avvenimenti terreni senza illusioni. Benedetto e Francesco, tuttavia, ci inducono a coltivare la speranza che viene dall”Altissimo onnipotente bon Signore’ dal quale viene ogni bene, tutto il bene e da nessun altro.

AUTORE: Elio Bromuri