Il caso del sindaco Bandecchi: imbarazzante, ma non atipico

Il problema non è Bandecchi, il problema è Terni (e forse l’Umbria). Se vogliamo tentare di riflettere seriamente su quello che è avvenuto e sta avvenendo nella politica ternana, che in questa o in altre forme potrebbe ripetersi altrove in Umbria, dobbiamo partire da un punto fisso: il problema, perlomeno il primo problema, non è il signor Bandecchi, il problema è Terni.

Non era uno sconosciuto a Terni

Il Bandecchi eletto sindaco di Terni la scorsa primavera non era affatto uno sconosciuto. Di lui si conoscevano – perfettamente e da tempo – stile (che nella vita civile è “sostanza”), interessi e valori.
Il signor Bandecchi calcava la scena ternana da tempo. Nessuno avrebbe potuto dirsi all’oscuro dal modo “salivare” (rivendicato!) di rivolgersi in qualche caso agli interlocutori né alcuno avrebbe potuto dirsi sorpreso dell’offerta gratis di panini con la porchetta in campagna elettorale.

A “questo” Bandecchi le forze politiche locali, destra e sinistra, avevano già regalato la cittadinanza onoraria.
Segno della grande confusione, se non dell’opportunismo, gliela avevano regalata lo stesso giorno in cui l’avevano attribuita a Liliana Segre, persona che sotto qualsiasi punto di vista è distante mille miglia dal signor Bandecchi, quando non ne è l’esatto contrario.

Di “questo” Bandecchi gli elettori ternani e le forze politiche ternane conoscevano perfettamente gli interessi (legittimi fino a prova contraria).
Non poca parte delle forze politiche risultava essere stata appoggiata dal signor Bandecchi e dalle sue società, come dall’interessato più volte pubblicamente e a buon diritto rivendicato.

Non è diventato sindaco di Terni per caso o per sorteggio, non ha rubato la poltrona di Palazzo Spada, è stato eletto sindaco dal voto libero e regolare dei ternani e delle ternane e ha sconfitto democraticamente forze politiche che lo avevano blandito.

Perché a Terni è stato eletto Bandecchi?

Anche per queste ragioni il punto dal quale partire non è “Bandecchi”, bensì: “come mai a Terni è stato eletto sindaco il signor Bandecchi?”. E questa non è una domanda da rivolgere a lui, ma da rivolgere a noi stessi, agli elettori e alle elettrici ternane.

Se si tenta di rispondere a questo interrogativo (“come mai a Terni è stato eletto sindaco il signor Bandecchi?”), può essere d’aiuto un minimo di memoria storica. Il “caso Bandecchi”, ovvero l’elezione in ruoli amministrativi locali importanti di un outsider con determinati tratti di stile, non è affatto una novità.

Il “caso” Bandecchi non è l’unico

Al contrario, i casi per qualche verso analoghi sono numerosissimi e ben studiati.
Vanno dall’elezione di Achille Lauro a sindaco di Napoli negli anni ‘50 a quella di Cateno De Luca sindaco di Messina dal 2018, passando per Giancarlo Cito eletto sindaco di Taranto nel 1993.
Né sono da trascurare alcune ma importanti affinità stilistiche tra il signor Bandecchi e alcuni attuali presidenti di Regione come De Luca in Campania ed Emiliano in Puglia. Naturalmente, se si parla di analogie e di affinità, è perché non mancano le differenze.

Bandecchi: esempio di “meridionalizzazione” della bassa Umbria

Le affinità e le analogie con i casi citati aiutano a inquadrare un aspetto decisivo della vicenda “Bandecchi sindaco”.
I casi appena ricordati hanno una caratteristica evidente: riguardano tutti aree del Sud Italia e aree in profonda crisi. Questo dato aiuta a formulare una ipotesi che meriterebbe di essere approfondita e discussa.

L’elezione di Bandecchi a sindaco di Terni potrebbe essere interpretata come l’ennesimo esempio di “meridionalizzazione” della bassa Umbria, e forse della regione.
A partire dalla Banca d’Italia con riferimento all’economia, ma ci si potrebbe riferire anche a dati demografici e religiosi, scolastici e culturali e ad altro ancora, l’ipotesi di una “meridionalizzazione” progressiva del ternano, e in gradi diversi dell’intera Umbria, non è una ipotesi nuova né azzardata.

Anzi, è vecchia di lustri e ben documentata, come vecchia e pervicace è l’esorcizzazione del problema da parte delle istituzioni locali, in primis politiche.

Il signor Bandecchi (legittimamente sino a prova contraria) può aver colto le opportunità di questa situazione, ma certo di essa – sino a oggi – non porta alcuna responsabilità.
L’ha sfruttata invece che contrastata, ma questa è una legittima opzione politica.

Di questo processo di “meridionalizzazione” dell’area ternana fa parte anche il patetico “soccorso al vincitore” che è tempestivamente venuto al neosindaco Bandecchi dalle direzioni più disparate: da segmenti bassi della struttura ecclesiastica locale, da “civici girovaghi”, da settori importanti della sinistra (tradizionale o sedicente “nuova”) del “tanto peggio tanto meglio”. Anche in questo caso, nulla di nuovo.

Responsabilità della Sinistra …

Come si diceva, la “meridionalizzazione” della politica ternana (e forse non solo di questa in Umbria), non ha nel signor Bandecchi – sino ad oggi – il suo primo e principale responsabile. Semmai, il responsabile, o meglio i responsabili vanno cercati nelle forze politiche protagoniste degli ultimi decenni della politica locale.

Innanzitutto e principalmente nella sinistra. Fu essa che – a partire dagli anni ‘70 – fece della Regione un sub-stato, con scopi di controllo e di premio discrezionale, di estrazione di energie dalla società civile invece che di crescita, di egemonia soffocante (perfino culturale) e di clientelismo. Tutto questo, per di più, era finalizzato (anche con il concorso del Pci ternano!) all’istituzione di una storicamente inedita signoria perugina su Terni.

Il processo è continuato fino alle giunte comunali dei sindaci Raffaelli e Di Girolamo. Nonostante la evidente e crescente disfunzione e la “rapina” di cui era corresponsabile quel regime politico dell’“Umbria rossa” (mitizzato dagli intellettuali di complemento), i vassalli locali della Regione di Perugia sino agli anni 2008/2010 negarono l’evidenza del declino.

Sono agli atti dei due volumi dedicati da Azione Cattolica e Chiese locali umbre alla bancarotta della “regione rossa” e al declino che essa assecondava e accelerava, soprattutto a Terni ma non solo qui, le peripezie linguistiche con cui si tentava di negare tale evidenza in cui periodicamente si lanciavano i sindaci Raffaelli e Di Girolamo e i presidenti di Regione Lorenzetti e Marini (in grande compagnia politica e para-politica).

… e della Destra

Il fatto interessante è che a nulla servì, come l’Azione Cattolica ternana per tempo aveva intuito e pubblicamente denunciato, l’alternanza alla sinistra da parte della destra e della coalizione alla cui guida è stato il sindaco Latini.
Se platealmente diversi dai precedenti e sobri furono i modi di quest’ultimo, la continuità con la linea delle “giunte rosse”, negare il declino ternano, mantenere immutati i rapporti politica/società e quelli Terni/Perugia sono lì a mostrare un fatto tanto incredibile quanto vero: la sostanziale continuità Raffaelli/Di Girolamo/Latini e quella Lorenzetti/Marini/Tesei.

Intanto la rabbia dei ternani è cresciuta

Anche invertendo il punto di vista la scena non cambia.
L’accomodarsi al declino della classe politica di qualsiasi colore, il puntare solo a scamparla individualmente, hanno generato una reazione precisa e “da manuale” nei comportamenti elettorali.
La rabbia e le paure crescenti dei ternani di fronte alla codardia e alla fuga dalla realtà del ceto politico locale hanno prodotto punte record di volatilità del consenso elettorale, anche in un’Italia che da quella volatilità elettorale era attraversata e in un Centro Italia che vi primeggiava.
In successione, Renzi, Grillo, Salvini e Meloni, direttamente o per interposta persona a seconda del tipo di elezione (primaria, comunale, regionale, nazionale o europea), hanno toccato e velocemente perso elevatissimi vertici di consenso.

I tratti della meridionalizzazione della società ternana

Sempre più deluso e “arrabbiato”, l’elettorato ternano da un decennio almeno cerca qualcuno di cui fidarsi e, se non lo trova, e di fatto non lo ha trovato, usa il voto per vendicarsi. Le evidenze cedono il passo alle apparenze, i ragionamenti sul futuro agli istinti di sopravvivenza.
Che un tale genere di vendetta sia inefficace, e anzi si riveli autolesionista, è cosa tanto nota, quanto – incredibilmente – facile da dimenticare quando giunge l’appuntamento elettorale.
Così però stanno le cose e questo è uno dei tratti della “meridionalizzazione” della politica ternana (e forse anche umbra).
Tipicamente “meridionalizzato” è anche il dissolversi nella società ternana di quelle istituzioni e di quelle associazioni non politiche (ma economiche, culturali, sportive o religiose) che per funzione hanno quella di aiutare i cittadini a non perdere la memoria e a esercitare il calcolo bisogni-possibilità-risorse-scopi.

La china di “meridionalizzazione” dell’area ternana non è cominciata con il signor Bandecchi. Come detto, lui l’ha trovata e sfruttata, ha colto la possibilità che gli è stata offerta di denunciare ciò di cui la città soffre e di cui i politici e gli amministratori locali hanno taciuto o fatto finta di occuparsi.
E la denuncia è bastata a garantire la vittoria. Il resto non era un’alternativa credibile, bensì la negazione della verità di ciò che veniva denunciato.

Come sarà il dopo Bandecchi?

La “meridionalizzazione” della politica ternana finirà con il signor Bandecchi o proseguirà dopo di lui? La risposta a questa domanda dipende solo dall’elettorato ternano e dalle alternative che gli saranno offerte a partire dalle europee e dalle regionali del 2024.

È solo dopo aver posto in chiaro tutto questo (ci sarebbe anche altro da dire) che ci si può chiedere se in questa vicenda di “meridionalizzazione” della politica ternana l’evento “elezione Bandecchi” abbia per ora costituito una svolta o invece sia per il momento null’altro che l’ennesimo atto della stessa tragedia.
Ad oggi, nel poco tempo trascorso dall’inizio dell’avventura politica e poi amministrativa di Bandecchi, non si può dire molto di più di una sola cosa: lui non ha contrastato questa situazione, bensì l’ha sfruttata (legittimamente).

Il conflitto di interesse

Lo stato di cose che ne deriva ha già un costo per i ternani e le ternane. Vediamo alcuni di questi costi.
Con il signor Bandecchi a Palazzo Spada, la politica e l’opinione pubblica locale stanno continuando a convivere con (legittimi sino a prova contraria) conflitti di interesse.
Quando, ad esempio, l’amministrazione Bandecchi pone alla Regione di Perugia il problema sanità, e sarebbe grave che non lo facesse, a porlo è un sindaco che è anche un imprenditore che non fa mistero dei suoi interessi (legittimi fino a prova contraria) nel settore della sanità.
In ciò non c’è nulla di nuovo rispetto a quello che avveniva quando passate giunte (rosse o nere) prendevano provvedimenti relativi a settori in cui operavano attori della stessa filiera politica o di recente acquisizione.

Nulla di illegale … ma opportuno?

Nulla di illecito in tutto ciò (finché un giudice non dice il contrario), ma non vi è alcun dubbio che la vita sociale ternana si svolgerebbe a un più elevato livello di qualità civile se tali conflitti di interesse non fossero neppure ipotizzabili.

Ancora oggi non è chiaro se sussistono o no ragioni di incompatibilità tra gli interessi del signor Bandecchi e la carica e le funzioni di Sindaco che attualmente ricopre. Né è stato chiarito da chi di dovere se certe sue scelte (come il coinvolgimento di vigilanti privati nella tutela dell’ordine pubblico in città) o alcuni suoi comportamenti in Consiglio comunale costituiscano un problema dal punto di vista legale e giuridico oppure no.
Nell’interesse di tutti, alla giustizia vanno assolutamente lasciati il suo corso e i suoi tempi, ma non credo dovrebbe essere difficile convenire sul giudizio che sarebbe stato saggio e leale evitare alla città momenti di incertezza come quelli che stiamo vivendo, per di più in una fase nella quale gravissimi motivi di incertezza e di preoccupazione già abbondano.

Dichiarazioni tante, programmi pochi

La situazione appena descritta inevitabilmente lascia in un cono d’ombra questioni di primaria grandezza, questioni a proposito delle quali la città avrebbe diritto e interesse a discutere programmi (cosa? come? con quali risorse? in quali tempi?) invece che le solite, roboanti e innocue, “dichiarazioni a caldo”.

Si pensi solo al dramma che per Terni e le sue residue possibilità di futuro si è consumato nell’estate scorsa con la cancellazione del raddoppio della Orte-Falconara. Dramma cui si affianca il silenzio e lo stallo intorno all’accordo di programma su Ast, lo scarso sostegno alle chances ternane per il reshoring della chimica, per non parlare della desolazione in cui versa il sistema sanitario locale.

Bandecchi e l’illusione del “sovranismo municipale”

La maggioranza delle esternazioni del Sindaco evocano una sorta di sovranismo municipale (“faremo da soli”).
Il carattere illusorio e ammaliante di una linea del genere, che non funzionerebbe neppure a New York o a Milano, distrae e illude ampie porzioni dell’opinione pubblica. Meno che mai a Terni il sovranismo municipale può essere all’altezza della gravità dei problemi a proposito dei quali è esibito dal Sindaco in carica.
Il sovranismo municipale (come ogni sovranismo) serve solo a coprire (per poco tempo e a carissimo prezzo) la debolezza di ogni “uomo solo al comando”. Mentre vanno in onda le melodie infantili del sovranismo municipale, giacciono dimenticate le possibilità ben documentate della integrazione-unione dei diciotto comuni della potenziale “Grande Terni” e di una rete di città medie che intraprenda la causa dell’“Italia Centrale”.

Riepilogando: chi è Bandecchi?

Riepilogando, la domanda cui tornare e da cui partire non è “chi è Bandecchi?”. A questa domanda, la risposta è nota da anni. La domanda cui tornare e da cui ripartire è “come mai a Terni è stato eletto sindaco il signor Bandecchi?”, ovvero “cosa sono diventate realmente Terni e l’area ternana?”.
Se poi altri in Umbria pensassero che la questione non li riguarda, rischierebbero solo di pagarne a breve gravi conseguenze.

Domande per i laici cattolici ternani e umbri

Un grave errore farebbero i laici cattolici ternani e umbri se lasciassero da parte il tema o se aspettassero che a occuparsene per primi fossero vescovi e preti.
Decenni di “devozionismo protetto” – dal potere politico – hanno disabituato un pezzo di Chiesa umbra a rischiare la testimonianza della libertà per il bene comune.
Il documento finale dell’Assemblea ecclesiale regionale del 2018 ci dimostra che i nostri pastori dovrebbero dare maggiore attenzione alle questioni precise e urgenti poste da laici e laiche (e per la verità anche da tanti preti, religiosi e religiose).

In condizioni del genere, sarebbe forse anche il caso di ricordarci più spesso che il Vaticano II (dalla Lumen gentium alla Apostolicam actuositatem) toglie ogni alibi alla pigrizia del laicato.
Come disse Papa Francesco ai laici del Forum internazionale di Azione Cattolica (il 27 aprile 2017): non aspettate il clero, fatevi inseguire, “siate audaci, non siete più fedeli alla Chiesa se aspettate a ogni passo che vi dicano che cosa dovete fare”.

Un pezzo della “meridionalizzazione” dell’Umbria è fatto dalla “meridionalizzazione” di parte della Chiesa umbra ed è chiaro che con ciò non ci stiamo certamente riferendo alla Chiesa meridionale di don Puglisi e Rosario Livatino.

3 COMMENTS

  1. Condivido volentieri perché quanto esposto nell’articolo è vero e reso con tono pacato sottile affatto irriguardoso nei confronti del Signor Sindaco democraticamente eletto. Anche io mi domando: come e perché i Ternani lo hanno tanto gradito?

  2. È una analisi (.. fra le pochissime che qualcuno ha tentato..) di una intelligenza… stellare ! .. e non sono “simpatizzante” di ambienti vicini alla Chiesa.

  3. Sono d’accordo sulla analisi fatta dal Dr. Diotallevi. La situazione politica ternana a breve puo’ ripresentarsi in altre realta’ regionali e non solo. A mio avviso e’ da oltre due lustri che in Italia manca una classe dirigente di spessore. Anche la Chiesa cattolica deve fare un cambio di marcia,pena la marginalizzazione. Lo pensa un cattolico di lungo corso.

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