C’è crisi, ma anche segnali di fiducia

Economia. Il nostro è uno dei paesi con il più alto debito pubblico. Cosa fanno le nostre famiglie

Ormai tutti ne siamo certi: il 2009 sarà l’anno della crisi. Non della crisi finanziaria. Quella si è verificata già ampiamente nel 2008, ma della crisi dell’economia reale: decrescita, calo dei consumi, disoccupazione. Ne siamo certi perché lo constatiamo attorno a noi, ma anche perché tutti lo dicono, lo continuano a dire. I motivi non mancano, però un po’ di ottimismo non guasterebbe. O almeno l’attenzione equamente distribuita tra elementi a favore e contro la recessione economica. Una volta si chiamava realismo. Ecco, con più realismo potremmo recuperare una certa fiducia nel futuro, che è in mano all’andamento delle borse, ma è anche in mano nostra. Il nostro Paese, si sa, ha uno dei debiti pubblici più alti in Europa. Questo ci impedisce di allargare troppo la borsa nell’aiutare le imprese e le famiglie e ci obbliga a rimanere dentro i limiti di rapporto deficit/Pil stabiliti dai Trattati europei. Però abbiamo anche un aspetto positivo: le nostre famiglie non sono indebitate. Lo è lo Stato ma non le famiglie. Altri Paesi europei, al contrario, possono contare su un leggero debito statale, ma hanno famiglie molto esposte. Questo è dovuto ad un fatto culturale e psicologico molto semplice: noi adoperiamo le carte di credito come strumento di pagamento, ma non per acquistare a credito. In Italia non si fanno debiti per fare le vacanze, o almeno lo si fa molto meno che in Europa. Siamo ancora un popolo di risparmiatori e ci compriamo qualcosa quando abbiamo i soldi per pagarla. È per questo che siamo secondi al mondo per ricchezza immobiliare delle famiglie, che è dell’82%. Perché dimenticare questo nostro fatto positivo? Esso permetterà alle famiglie di continuare ad essere il principale ammortizzatore sociale in tempi di crisi. Vanno bene le misure del ministro Sacconi, va bene la social card, ma da quanto il mondo è mondo i primi a tirarsi su le maniche nei momenti di difficoltà ‘ davanti per esempio ad una perdita di un posto di lavoro – sono i familiari.A proposito di solidarietà. In Italia sta avvenendo un fatto incoraggiante. L’Eni si è impegnata a dare 200 milioni di euro al Fondo carta acquisti, aggiungendo questa somma a quella stanziata dal governo per finanziare la social card, ossia il dispositivo che permette a molti che sono in difficoltà, di fare acquisti presso centri commerciali convenzionati. L’Enel si è impegnata per 50 milioni di euro. Gli stessi esercizi commerciali convenzionati hanno a loro volta garantito uno sconto del 5 per cento sugli acquisti. Nei giorni scorsi il cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, seguendo forse l’esempio dei vescovi spagnoli che avevano destinato alla Caritas spagnola una ingente somma, ha annunciato che la Chiesa ambrosiana destinerà 1 milione di euro per la solidarietà alle persone e alle famiglie interessate dalla crisi economica. Il presidente dei vescovi italiani, il cardinale Angelo Bagnasco, ha lodato l’iniziativa, invitando anche altre diocesi a fare altrettanto. Gli italiani stanno in altre parole mettendo in atto forme di lotta alla crisi e di solidarietà che vanno oltre le pur necessarie misure governative e che testimoniano ancora una volta che alle difficoltà economiche si risponde non solo con misure economiche ma anche con virtuosi comportamenti personali e comunitari. Tutti sappiamo che gli italiani, in questo campo, ci sanno fare. Perché dimenticare quest’altro nostro fatto positivo? Poi c’è la questione del ‘datore di lavoro indiretto’. Il nostro reddito non è dato solo da quanto entra, ma anche dalla diminuzione di quanto esce. Il prezzo del barile è addirittura sceso sotto i 40 dollari (era arrivato quasi a 150) e il litro di benzina in certi distributori è sceso sotto la soglia di 1 euro. Le bollette delle forniture domestiche diminuiranno, a cominciare da luce e riscaldamento. Inoltre, dato l’abbassamento dei tassi da parte delle Banche centrali, il costo dei mutui per la casa è in calo. Il ‘datore di lavoro indiretto’ (come si esprimeva la Laborem exercens di Giovanni Paolo II) ci sta insomma venendo incontro. I dati sulle vendite nel periodo delle feste di fine anno non sono negativi e non configurano nessun tipo di collasso. Quelli sulle presenze nelle zone sciistiche pure. Certo, gli sconti sono stati eccezionali, una maggiore razionalizzazione all’insegna del risparmio era prevista e si è realizzata, ma nessun crollo verticale, nemmeno nel settore dell’abbigliamento, ritenuto tra i più critici. Infine, un motivo di fiducia ci deriva anche ‘ non è malignità ma realismo anche questo ‘ dal vedere come vanno gli altri. In Italia si prevede nel 2009 un rapporto deficit/Pil di 2,6, in Inghilterra del 5,6 per cento. Nel 2008 il nostro prodotto interno lordo è superiore a quello inglese del 4,5 per cento. Tutti i dati negativi della Spagna sono superiodi ai nostri, quelli positivi inferiori. Bisogna guardare in faccia la realtà. Ci attende un 2009 molto problematico. Ma realismo vuole che vediamo anche le potenzialità e le opportunità positive. La fiducia è una delle principali risorse economiche di una nazione.

AUTORE: Stefano Fontana