Chi non si assume doveri verso la società non può accampare diritti

REGISTRO DELLE COPPIE DI FATTO: UN DIBATTITO CHE APPASSIONA

L’approvazione di un registro delle coppie di fatto da parte del Consiglio comunale di Perugia ha destato curiosità, interesse, stupore e sdegno in molti dei nostri lettori, che ci hanno fatto conoscere la loro valutazione. Alcuni di tali interventi li riportiamo in questa pagina con il rammarico di non poterne riportare altri e di aver dovuto fare dei tagli. Ringraziamo comunque tutti coloro che ci hanno comunicato il loro pensiero. Caro direttore, leggendo su la stampa e su La Voce n’0 su “Le coppie di fatto”, mi è venuto in mente lo slogan sessantottino: “La famiglia è una camera a gas”. E, allora dei giovani lasciavano la famiglia per andare a vivere ne “Le comuni”. Poi tutto passò di moda e oggi non resta altro che uno sbiadito ricordo. Ora, invece, nel nome della democrazia, del rispetto verso le minoranze si ritorna alla carica e si cerca di legalizzare ” le coppie di fatto”, che in realtà è una guerra dichiarata alle responsabilità di una famiglia. In fondo, cosa si vuole in questo modo: solo diritti senza doveri? Ci vogliamo rendere conto che l’uomo e la donna sono due manifestazioni complementari e che il matrimonio è conseguentemente la loro condizione naturale? L’unione di un uomo e di una donna che formano la coppia non è un’unione che può essere presa alla leggera, quindi se la si vuole ufficializzare bisogna seguire determinate regole della società di cui si fa parte. Inoltre, se si è credenti bisogna tenere presente che il matrimonio è voluto da Dio, nel libro della Genesi cap. 1 vers. 27: ” Dio creò l’uomo simile a sé, lo creò a immagine di Dio, maschio e femmina li creò. Li benedisse…”; e al versetto 31: ” E Dio vide che tutto quello che aveva fatto era davvero molto bello”. Dio, il Signore, con quest’atto creativo pieno di Grazia, unisce l’uomo e la donna e dà loro delle responsabilità che essi devono rispettare. Come credenti dobbiamo ascoltare la Parola del Signore e non seguire la moda quando essa porta al dis-ordine che è contro la volontà di Dio. Mi direte: antiquato, o bigotto. No! Cerco di osservare la Parola di Dio che è vita. P.S. In quanto alle così dette coppie dello stesso sesso, non c’è nemmeno da considerarle “coppie”. Archimede BertolinoPastore emerito Chiesa Valdese – TerniNon sono d’accordo sull’istituzione del registro delle coppie di fatto. E questo non per il fatto che, essendo cattolica, io non sia in grado di concepire e rispettare il fatto che altri vivano tipi di relazioni differenti da quel matrimonio in cui io credo. 1) Mi pare che la prima obiezione da fare sia la voluta ambiguità sulla portata concreta del registro: non è affatto esplicito infatti a quali diritti e prestazioni sociali si acceda con il registro. Né, tanto meno, quali obblighi e responsabilità coinvolga.Se, una volta esplicitata la portata del registro delle coppie di fatto si dovesse rivelare una istituzione simile al matrimonio, allora sarebbe superfluo. Se invece intende spalmare su di una più vasta parte della popolazione le pur misere prerogative riconosciute dal nostro ordinamento all’istituzione familiare, senza peraltro esigere in contropartita alcuna forma di impegno reciproco fra i contraenti, mi pare netta perdita e svalutazione del matrimonio, svalutazione del significato civile del matrimonio, sia esso contratto in chiesa che in comune. O il registro non ha alcuna rilevanza concreta, o , se si propone di fornire benefici assimilabili a quelli delle famiglie, dovrebbe richiedere pariteticamente gli stessi impegni e responsabilità che le famiglie si assumono. I sentimenti che proviamo non sono oggetto di interesse pubblico, ma la relazione di fiducia reciproca, di cura, di condivisione, quando sono non solo fenomeni momentanei, ma permettono a chi li contrae di potervi fare affidamento per un tempo indeterminato, incidono sulla nostra dimensione sociale e diventano aspetti di cui la società deve, e per fortuna, può tenere conto. Se non altro perché molti dei problemi concreti che un individuo isolato scaricherebbe sulla società sono invece assunti e risolti dalla rete dei legami familiari. (è ovvio a tutti come diversa sia la crescita di un bambino, la malattia di un adulto, i problemi di una anziano se c’è o non c’è con lui qualcuno che, per la buona e per la cattiva sorte, ha contratto una promessa di condivisione). E’ per questi motivi che alla società non può essere indifferente il riconoscimento ed il sostegno alla struttura familiare. Perché di fronte allo Stato non siamo solo individui a prescindere dai legami, ma siamo, per lo più, immersi in un tessuto familiare che è fortemente significante per noi e per i modi della nostra vita e per ciò che diamo e che chiediamo alla società. Sarebbe assurdo se io, decidendo di non mettere in comune il mio tenore di vita con la persona con cui ho una relazione ( e quindi non garantendo una tranquillità economica al partner pari alla mia, facendolo gravare magari sulla collettività) chiedessi che la società garantisca all’uno per esempio di subentrare nella pensione dell’altro o di ereditarne i beni. Perché mai uno Stato invadente dovrebbe tirarmi per i capelli a denunciare una relazione che io per scelta ho stabilito di tenere privata? 2) Il matrimonio civile è già passibile di scioglimento. O il registro delle coppie di fatto è una semplice presa d’atto “istantanea” di una situazione (“oggi è un dato di fatto che stiamo assieme, domani non si sa..”), senza alcuna pretesa di durata, ma allora non si tratta di fatti troppo evanescenti per avere un riconoscimento giuridico? E fra l’altro se l’unione viene socialmente riconosciuta vanno inevitabilmente posti problemi di responsabilità reciproca: chi ha diritto e come di lasciare l’altro? Come regolare l’aspetto economico? E eventuali figli comuni? Se uno solo vuole interrompere la convivenza e l’altro si trova in mezzo ad una strada? Oppure si registra un impegno che coinvolge il futuro e allora è assimilabile al matrimonio, a meno, forse, di prevedere un matrimonio di minor impegno con una data di scadenza già prefissata. 3) Le obiezioni al registro non hanno nulla a che fare con la imposizione di una concezione religiosa del matrimonio. E’ il matrimonio civile che viene difeso nella sua dignità laica e fondata su valori umani. Sarebbe presuntuoso e irrispettoso se non riconoscessimo che chi non condivide la nostra fede può però investire in modo profondo il desiderio di vivere una vita di coppia e di famiglia sostenendolo con una promessa di pieno coinvolgimento, fiducia, fedeltà e durata. Chi è cattolico è stato educato ad una visione della famiglia ricca di speranza, ma questo non significa che chi non condivide la fede non possa riconoscere un desiderio profondo di un matrimonio solido e fecondo. Non si tratta di una diatriba fra laici e cattolici. Nessuno direbbe “io come cattolico pago le tasse, ma non posso obbligare gli altri a farlo se non ci credono”; e la famiglia non è un brevetto cattolico. E nessuno impone a nessuno neppure il matrimonio civile. Chi lo desidera è già liberissimo di non sposarsi e spesso si conquista anche un buon vantaggio in termini fiscali e di welfare….(Chi è sposato provi a iscrivere un bambino all’asilo nido e vedrà davanti a lui in graduatoria genitori molto più benestanti, ma conviventi e perciò legalmente trattati come “single”…). Stiamo tutti insieme ragionando sulla società ed i valori condivisi posti alla base del vivere comune; uno dei significati forti dell’esperienza dell’Ulivo è stata quella di permettere a credenti e non credenti di confrontarsi, uniti da un progetto di maggiore solidarietà, inclusione e giustizia, su quei temi etici e umani che erano prima costretti entro steccati ideologici contrapposti. Non per nulla la petizione presentata al Consiglio comunale di Perugia proviene dalle file dei Radicali. E’ un tipico tentativo di trainare pezzi del centro-sinistra, solleticando alcuni riflessi condizionati, su temi che mettono in crisi la coesione dell’Ulivo. E che contemporaneamente distolgono l’attenzione da temi ben più urgenti e ben più caratterizzanti. Maria ProdiPerugiaSono cattolico e uomo delle Istituzioni: vivo ogni giorno la realtà con profonda concretezza e praticità perché così ritengo debba essere affrontata. Il mio mandato parlamentare mi chiama ogni giorno a prendere decisioni e a dare risposte tangibili: quelle che il nostro Paese oggi ci pone. Sempre le scelte richiedono compromessi con se stessi e con gli altri e spesso, come in ogni convivenza che si rispetti, si addiviene ad esiti che possano soddisfare le esigenze di tutti. Le diverse ideologie politiche talvolta trovano accordi trasversali, altre volte si pongono dure l’una contro l’altra. In questo quadro si pone il problema del registro delle coppie di fatto. Laici e cattolici si scontrano su un tema che tuttavia non dovrebbe essere nemmeno posto sul piatto ipotetico delle possibili tematiche su cui un Consiglio comunale debba esprimersi. Discorso da cattolico! – direte. Ebbene lo sono, ma sono anche uomo di grande consapevolezza civile che non si è mai lasciato fuorviare nelle valutazioni da preconcetti o dogmi acquisiti per educazione e matrice culturale. Siamo certi che la società civile ci chieda in maniera così impellente di dare risposta a questa “esigenza”? O forse è più realistico pensare che in questo eccesso di permissivismo verso tutto e tutti, in questo eccesso di discutibile “attenzione al sociale” che dà voce anche al sassolino della strada, si perda il senso vero dei valori umani? Così mi pongo in questa diatriba che vede la Chiesa da un lato e i laici dall’altro: se da un lato non intenderei mai ghettizzare coloro che non vedono nella famiglia tradizionale un valido modo per realizzare l’antico valore dell’unione tra due esseri umani, sono certo però che il voto del Consiglio comunale dà una “botta” negativa all’istituzione famiglia. Certo la società evolve, ma evolve sulla base di quello che le viene concesso: e le concessioni di oggi, diramate soprattutto dai media, sono a dir poco discutibili. Non nascondo la testa per non vedere: ripeto! Da uomo delle istituzioni non mi è dato farlo, anzi mi sento in dovere di agire e per ciò che è meglio per i cittadini. Non mi sento ancora però in animo di avallare ciò che, per il suo più intrinseco significato, invalida il futuro dei nostri figli.

AUTORE: Franco Asciutti