Chiaretti: “Ha ancora senso parlare di parrocchia nella situazione attuale”

Convegno pastorale diocesano. Le relazioni

Una domanda ha fatto da sfondo ai lavori del Convegno pastorale diocesano tenutosi il 20-21 giugno nella tensostruttura allestita presso il Centro Mater Gratiae di Montemorcino: ha ancora senso parlare di parrocchia nella situazione ecclesiale attuale? E’ stato lo stesso Arcivescovo mons. Giuseppe Chiaretti ad affermare che l’obiettivo che ci si prefiggeva con la due giorni diocesana non era “tanto l’aspetto organizzativo, quanto il senso e la funzione della parrocchia oggi” in un contesto culturale connotato da continui cambiamenti ed accellerazioni. Per un simile argomento sono stati invitati don Nazzareno Marconi, biblista, parroco della diocesi di Città di Castello e don Franco Giulio Brambilla, teologo, della diocesi di Milano. Dalle loro relazioni è scaturita nei presenti la percezione che l’argomento è ancora uno di quelli che fa emergere l’autentica passione per la Chiesa e che denota come oramai, sia tra i sacerdoti come tra i laici, i discorsi intorno alla parrocchia rappresentino uno snodo importante e significativo sul terreno della nuova evangelizzazione. La parrocchia di cui si è parlato non deve rimanere ancorata a logiche di staticità, ma deve rendersi capace di incontrare e servire le persone. E’ stato proprio il verbo “incontrare” quello su cui i relatori hanno insistito per indicare quel ‘movimento’ che va dalla parrocchia verso le persone, dal quale emergono dialogo e solidarietà. Vi deve essere, cioè, una volontà così tenace da far superare le indubbie difficoltà su cui oggi la parrocchia si trova a confrontarsi. Ma coloro che incontrano la parrocchia, foss’anche per la prima volta, hanno sottolineato entrambi a più riprese, devono trovare una comunità di credenti in Gesù Cristo; il “popolo di Dio” che vive in un territorio, inteso non come porzione di terreno con dei confini, ma piuttosto come vita quotidiana delle persone che in quel luogo nascono e crescono, lavorano, mettono su famiglia, vivono il tempo libero. Altro termine sottolineatoda entrambi i relatori per descrivere ciò che caratterizza la parrocchia è stato il termine “quotidiano” che indica il vivere “ogni giorno tutti insieme…”, ha detto don Marconi. Da questo punto di vista si è detto che la parrocchia come comunità di credenti in Cristo è attuale anche perché essa è presente nelle vicende quotidiane della storia giorno dopo giorno con “perseveranza appassionata”.Anzi, ha detto don Brambilla, è addirittura a partire da ciò che “la Chiesa costruisce se stessa in un luogo”. Don Marconi ha invitato a non attendere la comunità “perfetta” per iniziare la missione, così come Gesù non ha atteso discepoli perfetti, poichè la comunità cresce e si consolida a partire dalla missione che le è affidata, se vive in comunione con l’intera comunità diocesana presieduta dal Vescovo e se è fedele alle quattro “perseveranze”, a cui fa riferimento l’evangelista Luca nel capitolo 2 del libro degli Atti degli Apostoli, il brano su sui ha svolto la relazione don Nazzareno Marconi. La prima perseveranza è l’ascolto della parola di Dio, fatta con “continuità e passione”, vale a dire tutti i giorni. Una parrocchia che vive soprattutto dell’ascolto è una parrocchia che necessariamente dedicherà del tempo anche all’ascolto degli uomini e delle donne che quotidianamente chiedono un orientamento sul cammino della propria vita. Dall’ascolto della Parola accolta nella fede scaturisce la seconda perseveranza, la Carità, come il frutto di una pianta generata dal seme gettato nel terreno, che è il cuore delle persone ed anche l’ambiente in cui vivono e che, lo si dimentica spesso ha commentato don Nazareno, ha bisogno di cure affinchè faccia germoliare il seme. La terza perseveranza è la preghiera che rende la comunità parrocchiale “centro di vita spirituale”, ha ricordato Brambilla, in grado di trasformare la vita quotidiana delle persone. La quarta perseveranza è la “frazione del pane” (l’Eucaristia) centro della vita della stessa comunità parrocchiale, attraverso la quale la vera vita viene donata all’intero popolo di Dio. Così, ha detto Brambilla, la parrocchia persegue l’obiettivo di “edificare una comunità vivente come segno vivo del vangelo accolto” per rendere visibile nella vita quotidiana la presenza del Vangelo che dà forza e speranza alle persone. Infine si è rimarcato all’unisono la necessità di sviluppare la corresponsabilità dei laici nella vita dell’intera comunità, attraverso una formazione mirata che li aiuti a prendere le proprie responsabilità non solo nella vita personale ma anche in quella comunitaria; questo è possibile se si percorre la strada di articolare un sistematico percorso di formazione: “seminario dei laici” (Brambilla). L’aria propositiva che si è respirata in questa due giorni invita a sperare che la parrocchia possa davvero rappresentare, anche per il millennio da poco iniziato, una efficace modalità di presenza del Vangelo nella storia dell’umanità. Massimo LiucciCentri di ascolto della ParolaImparare ad ascoltare. Sembra questo il leif-motiv di questo convegno pastorale 2003. Certo risulta a prima vista un po’ difficile pensare di parlare di ascolto a persone che vivono sommersi da parole e rumori. Eppure nei lavori di condivisione che si sono svolti nell’ambito del Convegno, in particolare nel secondo gruppo più di una parrocchia ha posto in evidenza che, sebbene con tanta fatica, i centri di ascolto della Parola sono esperienze che incoraggiano a custodirli e a migliorarli. Ne hanno parlato in particolar modo coloro che hanno partecipato ai lavori del secondo gruppo di condivisione, relativo ai percorsi formativi. E proprio in questo ambito, a più riprese i partecipanti provenienti da diverse parrocchie, tra cui molti sacerdoti, hanno sottolineato come i centri di ascolto, scaturiti quasi sempre all’indomani di una missione al popolo, siano una modalità che permette alla comunità parrocchiale di arrivare alle persone più indifferenti alla vita spirituale. Si tratta di incontri sulla Parola diDio che si tengono tra famiglie laddove una famiglia credente apre la porta di casa a persone dello stesso palazzo. E se le difficoltà non mancano a causa della diffidenza e della poca volontà di rimettere in discussione il proprio modo di essere, a tutti è parso valido continuare a percorrere anche questa via di evangelizzazione. Semmai, si è detto nel gruppo, si tratterà di riservare più attenzione alla formazione degli animatori dei centri di ascolto e prestare maggior cura nella scelta dei luoghi di incontro.

AUTORE: M.L.