“Ci siamo sgranchiti le gambe”

La frase che ha scritto verso la fine della Lettera apostolica, il primo documento del nuovo anno e secolo e millennio, Novo millennio ineunte, Giovanni Paolo II è questa: “Se autentico è stato il nostro pellegrinaggio, esso ha come sgranchito le gambe per il cammino che ci attende”. Ci si sarebbe aspettato dal vecchio Papa, stanco per gli acciacchi dell’età e la straordinaria mole di impegni sostenuti durante l’anno trascorso del Giubileo, una sosta per respirare, se non un “Nunc dimittis Domine servum tuum in pac” (lascia Signore che il tuo servo se ne vada in pace). E invece ha alzato lo sguardo verso l’orizzonte ed ha rilanciato ai suoi, l’invito (o grido?) che Cristo rivolse a Pietro: Duc in altum, dirigi la barca verso il largo! E la Chiesa cattolica, e forse insieme molte altre Chiese e comunità cristiane non cattoliche, si sono sentite immediatamente incoraggiate ad affrontare il mare aperto. Non che si voglia archiviare il Giubileo come acqua passata. No, è stato un tempo favorevole, un kairòs, come dice il greco del Nuovo Testamento, o un’anno di grazia, secondo Luca, o una felice iniziativa ben organizzata e ottimamente riuscita secondo molti commentatori laici. che non deve essere dimenticata, perché può essere fonte di esperienze da cui trarre indicazioni pastorali per il futuro. Solo per due miopi commentatori di un quotidiano nostrano il Giubileo sarebbe stato reazionario e anticonciliare e non avrebbe portato alcun frutto per il mondo. Ma, pur senza trionfalismi e false illusioni, il 2000 sarà segnato nella storia come un anno di svolta, di ripresa di smalto e di slancio del Cristianesimo di fronte ai suoi stessi membri e al mondo. E tuttavia, dice Giovanni Paolo II, tutto questo è servito per sgranchirsi le gambe e iniziare un più lungo e impegnativo cammino. All’inizio dell’ anno, oltre il dato di autentica fede, questa è una bella lezione di operosità, di forza morale, di coraggio, che dovrebbe servire di esempio a coloro che operano nella Chiesa e nella società, spesso pigramente seduti su risultati, veri o presunti, raggiunti. Una lezione che vogliamo fare nostra, come settimanale regionale avviato a compiere fra tre anni (2003) il suo mezzo secolo di vita, sperando di allargare progressivamente, come sta avvenendo, il bacino di diffusione, che non è un mare o un lago, ma neppure una trascurabile bacinella e migliorando la qualità e ampiezza della informazione. Ai lettori, con questo primo numero de La Voce del primo anno del nuovo secolo, non penso di poter fare un augurio migliore che quello di guardare in avanti, verso il largo e di ‘sgranchirsi le gambe’ per un felice futuro cammino.

AUTORE: Elio Bromuri