Come il Cristo risorto illumina la vita quotidiana

Interviste a persone di diversa età, professione, ambiente, sul modo in cui la fede pasquale incide sulle loro scelte

La celebrazione della Pasqua è imminente. Siamo già al triduo della Settimana santa, ricco di riti struggenti che ci rammentano la morte di croce del Figlio di Dio per la nostra salvezza: un dono libero, volontario, totale. E la sua resurrezione ci assicura del premio eterno, della eredità che ci aspetta. Sul nostro rapporto con Cristo risorto, sul modo in cui viviamo questa relazione nel contesto in cui operiamo, abbiamo intervistato una coppia di coniugi, una giovane studentessa di liceo classico, un giovane professionista medico e un sacerdote anziano. Ecco le loro risposte. Sergio e Gabriella, coniugi. “Siamo sposati da 25 anni. Nella vita quotidiana è un alternarsi continuo di piccoli e grandi problemi. Si passa continuamente dalla morte alla resurrezione nel farsi dinamico della nostra esistenza. Cristo risorto ci aiuta a risorgere. Cristo è questa Pasqua, questo passaggio continuo dalle difficoltà alla prospettiva della gioia, della vita vera, non dell’illusione. Ed è questa prospettiva della resurrezione che aiuta il cristiano a superare l’esperienza del dolore che è sempre presente nel dinamismo della vita”. Veronica, studentessa dell’ultimo anno di liceo classico. “Do testimonianza con gioia, ma non è facile trasmettere il Cristo risorto e quello che significa. L’ambiente scolastico è restio ad accogliere ed è caratterizzato da superficialità e indifferenza. Si fa fatica a far riflettere… Sono stata molto felice nei giorni scorsi quando mons. Scanavino è venuto a scuola per la benedizione pasquale: mi sono data da fare con alcuni compagni credenti per preparare i canti. Comunque, posso affermare che, testimoniato con gioia grande e con comportamenti coerenti, il messaggio di Cristo ‘passa’, seppure con difficoltà, tra compagni e professori indifferenti”. Alberto, medico-urologo, ospedaliero. “Fede è credere che nell’altro, paziente o collega, sia personificato il Cristo fatto uomo. Nel paziente questo è immediato, egli vive una condizione di sofferenza oggettiva. È una persona unica ed irripetibile anche nella sua sofferenza, e siamo tutti portati per naturale inclinazione umana ad un atteggiamento quantomeno filantropico, se non caritatevole, per dedicargli la nostra attenzione ed affetto. La maggiore difficoltà? Perseverare senza cedere alla routine quotidiana che porta ad identificare il soggetto con un codice, un letto, una patologia. Più difficile per me vedere il Cristo nei colleghi. In un ambiente così secolarizzato come l’ospedale, dove arrivismo, infedeltà ed ambizione talvolta la fanno da padroni, esponendoci a dinamiche anche vessatorie, il richiamo all’umiltà, alla dolcezza ed alla fiducia di Cristo alimentano la speranza nel possibile cambiamento, certi che proprio in questa distanza dalla logiche evangeliche sta la sofferenza del Cristo-collega”. Don Italo, sacerdote diocesano con voti tra i Figli dell’Amore Misericordioso. “Il ricordo più forte del mio ministero sacerdotale risale al tempo del mio ritiro, a 75 anni, dal servizio di cappellano ospedaliero nel Veneto. Nel lasciare l’ospedale chiesi al mio Vescovo di poter seguire il Cristo in territorio di missione in Romania. A Barticesti, in Romania, diocesi di Jasi, sono stato circa quattro anni per testimoniare il Vangelo e la carità di Cristo nella missione dei Figli dell’Amore Misericordioso. Ora continuo a vivere in modo intenso il rapporto con Cristo risorto per lunghissime ore, dal mio confessionale, come dispensatore della Sua infinita misericordia”. Siamo certi che le testimonianze di questi nostri fratelli nella fede ci aiuteranno a vivere questa Pasqua di resurrezione e ad aprire il nostro cuore nell’incontro con il Risorto.

AUTORE: Antonio Colasanto