Con lo stile del Poverello e del Papa Buono

L’ingresso di mons. Gualtiero Bassetti in diocesi è avvenuto sotto l’egida dello spirito francescano e conciliare

Il 4 ottobre 2009 non sarà ricordato come un qualsiasi giorno della storia di Perugia. Ha preso possesso della sua nuova diocesi il vescovo Gualtiero Bassetti, già vescovo di Arezzo e precedentemente di Massa Marittima, e il fatto si iscrive nella serie dei vescovi della diocesi dal primo, san Costanzo, al nuovo, Gualtiero, che secondo i calcoli risulta il 98° della serie. L’avvenimento, già di per sé di grande rilevanza storica, è calato in un ricco contesto francescano. Il vescovo Bassetti ha voluto che la festa di san Francesco non fosse una cornice esterna, ma fosse posta al centro e considerata come una chiave di lettura della sua spiritualità cristiana e del suo ministero pastorale. Che cosa significano – si è domandato – per un vescovo la vita di Francesco e certi gesti, come quello di voler morire nudo sulla nuda terra? Nell’omelia, la prima, nella quale si è diffuso a inseguire Francesco nel suo essere servo dei fratelli, nel suo essere povero e umile, amante della creazione, gioioso cantore delle lodi dell’Altissimo, ha cercato di disegnare la sua biografia spirituale e pastorale, comunicandola con fiduciosa franchezza alla vastissima platea di fedeli e di autorità che hanno da subito intuito e riconosciuto in lui un’immagine sedimentata nell’immaginario collettivo, quella di Papa Giovanni XXIII. Lui stesso, mons. Bassetti, lo ha evocato collegandolo con Assisi e con il Concilio, e riconoscendosi nelle priorità evangeliche e pastorali che il Concilio ha posto a programma per il popolo alla metà del secolo scorso. È stato quando ha ricordato che, nel 1962, prima di dare inizio ai lavori del Vaticano II, Papa Giovanni fece un pellegrinaggio a Loreto e ad Assisi per chiedere la protezione di Maria e di san Francesco sulla grande assise conciliare che si andava avviando. Con tale atteggiamento interiore, il nuovo Arcivescovo mostra una attenta disponibilità all’incontro con tutti e con ciascuno. In tutta la prima parte della sua omelia – “Non sarà così lunga in seguito”, ha promesso – ha dettagliatamente elencato e ringraziato tutti i presenti, singoli, categorie, istituzioni, con la preoccupazione di non trascurare nessuno. Lui è apparso quello che, in maniera appropriata, ha dichiarato del suo immediato predecessore, Giuseppe Chiaretti: “una sentinella premurosa e sapiente”, che si prende cura di tutto il gregge che gli è stato affidato. L’immagine patristica della sentinella, ripresa da Gregorio Magno, è rafforzata e in qualche modo arricchita dall’altra espressione di Giovanni XXIII, di non limitarsi a gridare agli scandali e ad essere “facili profeti di sventura”, ma a proporre e favorire l’unità, la comunione, la pace, la giustizia, portando agli uomini il Vangelo in ogni anfratto dell’umana esistenza. Mons. Bassetti ha parlato con il cuore, senza far trasparire nessuna nostalgia, che si è notata invece nelle parole del sindaco di Arezzo Fanfani, piene di affetto. Leggendo bene tra le righe, tuttavia, si è potuto notare che lo “sradicamento” che gli è stato chiesto per la terza volta dal Papa nel passaggio da una diocesi ad un’altra, non è stato indolore. La gioia che gli è stata manifestata dalla popolazione e l’accoglienza festosa dei giovani non hanno certamente evitato che la parola “sradicamento”, dal sen fuggita, non riveli una sofferenza umana che rende più apprezzabile lo sforzo di obbidienza e disponibilità ecclesiale, e mostra ancora di più quel distacco, di cui Francesco è modello, per assecondare la piena e perfetta comunione ecclesiale, senza titubanze e incrinature. Al tema della fraternità estesa a tutte le creature attraverso il Cantico di frate sole, eseguito dalla Corale con l’enfasi delle voci soliste, ha coronato l’ideale della fraternità universale. In modo ancora più suadente e con il tono affabile della familiarità mons. Bassetti ha usato la parola “amici”: “Permettete al vostro nuovo arcivescovo di chiamarvi così: amici”. Tale è stato percepito dai presenti, che erano moltissimi e tutti attenti ad ascoltare le parole e a scrutare il volto e i gesti, dai quali traspare una naturale disponibilità all’incontro amichevole e fraterno. Così hanno considerato e vissuto il loro Vescovo gli aretini che lo hanno salutato e lasciato a noi, non senza qualche lacrima.

AUTORE: Elio Bromuri