Dal gemellaggio alla missione: le tappe di un cammino di dieci anni

Missione Albania / L'aiuto alle persone povere, le adozioni a distanza e la catechesi

Giovanni Paolo II, qualche anno fa, aprendo il Sinodo di Roma, invitava la Chiesa “a ritrovare se stessa fuori di sé”. E’ proprio quello che la comunità di Orvieto-Todi ha sperimentato attraverso il gemellaggio prima, e la missione poi con il paese di Fushe Arrez nel Nord-Albania. E’ quello che ha messo in luce il convegno organizzato dalla diocesi, per celebrare il 10’anniversario della missione. Sabato 15 febbraio, intorno al vescovo, mons. Decio Lucio Grandoni, si sono radunati i volontari che da dieci anni si recano periodicamente in Albania, le tante persone che, attraverso le adozioni a distanza, sostengono le famiglie povere dei villaggi, e diversi immigrati albanesi ormai residenti nei dintorni di Todi. Gradita sorpresa i saluti portati da Zef Bushati, ambasciatore albanese accreditato presso la Santa Sede e da Mauro Isacco, assessore alle Politiche sociali del comune di Todi. L’aiuto alla piccola comunità albanese di Fushe Arrez non è certamente qualcosa di eclatante, è costruito essenzialmente sui rapporti tra persone, tra gruppi, tra chiese; è importante, come messo in rilievo da diverse testimonianze il fatto della reciprocità tra italiani e albanesi, si dà, ma si riceve molto. Siamo stati aiutati ad aprirci, ad interrogarci sul senso e sui limiti del nostro benessere economico, in una parola, sull’autenticità della nostra fede. Nell’ambito della missione sono maturate diverse vocazioni e tante conversioni al servizio e al dono di sé. Il convegno, coordinato da Marcello Rinaldi, direttore della Caritas diocesana impegnata nella missione per gli aspetti di promozione sociale, ha ripercorso, con don Marcello Cruciani, le principali tappe del cammino di questi dieci anni. La prima raccolta diocesana di generi di prima necessità, nell’Avvento ’92, promossa dall’Azione cattolica, il gemellaggio con la parrocchia di Kallmet e poi con Fushe Arrez. L’incontro con suor Grazia e suor Bernardette, anime insostituibili della missione, la costruzione, tra mille difficoltà, dell’edificio che ospita la missione, la realizzazione di un piccolo asilo per i tanti bambini, in particolare per quelli minacciati dalle vendette familiari regolate secondo le antichissime consuetudini del Kanun, infine, oggi, la costruzione di una vera Chiesa. Raul Cappelloni, agronomo, ha sinteticamente raccontato e illustrato un progetto per creare lavoro ad alcuni giovani albanesi, attraverso l’esportazione in Italia di alcuni prodotto agricoli. Infine, suor Grazia, una delle suore che da anni vive a Fushe Arrez, ha raccontato la vita quotidiana nella missione, le tante opere intraprese: la scuola di cucito, l’aiuto alle donne nell’imminenza del parto, la visita alle famiglie bisognose dei villaggi, la catechesi ai giovani, la distribuzione degli aiuti ai giovani e bambini adottati a distanza (più di 200 tra Germania, Austria e Italia). Rok Mirdita, arcivescovo di Tirana, di recente paragonava l’Albania di oggi ad un farfalla che esce timidamente dal bozzolo, per indicare il cammino del popolo verso la rinascita e verso la democratizzazione. Dopo lo sconforto, la grande povertà del popolo e la desolazione dei primi anni novanta, si può vedere oggi, dopo pochi anni, un grande fermento: sta rinascendo la cultura e l’identità dell’Albania. Proprio questa speranza per il futuro ha animato la preghiera composta dal Vescovo per l’occasione, affidandola alla Madonna del Buon Consiglio, patrona dell’Albania, “O Zaja e Shkodres”.

AUTORE: M.R.