Democratico come lo è un vescovo

L’editoriale

In questi ultimi numeri de La Voce abbiamo scritto molto sui due Arcivescovi che hanno lasciato la guida delle loro rispettive diocesi di Perugia – Città della Pieve e di Spoleto – Norcia, Chiaretti e Fontana. Continueremo a scrivere di loro anche in seguito, per rispondere alle richieste dei lettori e mantenere con loro un certo legame. Il motivo è di ordine affettivo, come è stato già notato in altre dichiarazioni ed articoli. Ma al di là delle relazioni di stima, amicizia ed affetto che alcuni possono avere stretto con i loro vescovi a ragione di circostanze particolari di lavoro, frequentazione e collaborazione – e ciò vale anche per quelli che si trovano tranquilli nelle loro sedi -, tutte le persone che partecipano alla vita della Chiesa hanno avuto, almeno una volta, occasione di incontrare il proprio vescovo, di salutarlo e stringergli la mano, di vederlo de visu e di sentirlo parlare di persona, persino di ricevere un sacramento o una benedizione. Ciò avviene per chi partecipa alla vita della Chiesa. Ma in realtà ciò accade anche con le autorità locali di città e paesi, anche coloro che assistono alle liturgie senza farsi neppure un segno di croce, e tutti quelli che anche solo per curiosità, o in occasione di cresime, feste patronali o iniziative culturali, hanno l’opportunità di incontrare il vescovo. Questi incontri lo rendono molto popolare e lo caricano di un’autorità che va al di là del suo specifico ruolo. Non si vuol dire che il vescovo debba comandare su tutto e su tutti, ma è certo che la sua funzione viene continuamente riconfermata dalla presenza continuativa attorno a lui, in diversi luoghi e circostanze, di intere masse popolari. Ne risulta che quella del vescovo è una figura tra le più popolari. Rispetto alle autorità di rappresentanza democratica, scelte una volta ogni 4/5 anni, che poi difficilmente la gente comune ha occasione di incontrare, il vescovo è riconosciuto e accettato pur non essendo eletto dal popolo. Può sembrare strano ma, senza forzature, quasi per paradosso, risulta che il vescovo, nominato dalla Santa Sede è più “democratico” di un sindaco imposto dal partito e votato da gente che non lo conosce. Una verifica di ciò si trova nelle manifestazioni di saluto rivolto nei giorni scorsi a Chiaretti e Fontana dalle rispettive comunità. Queste osservazioni, persino ovvie, dovrebbero chiarire a certi “laici” – quelli che si ritengono, ostentatamente, fuori e diversi rispetto alla gente di Chiesa – che i vescovi non sono funzionari del Vaticano, e non parlano leggendo veline inviate da un padrone esterno, ma esprimono a voce alta le idee e gli ideali, talvolta i bisogni e le angosce di una comunità, pur non del tutto omogenea. In essa vi sono centinaia e migliaia di persone e gruppi che servono i poveri, esercitano un culto, promuovono la fede e la morale, in stretta comunione con i loro vescovi. Le dichiarazioni dei vescovi non sono concordate con la base, né conformi alle indagini di opinione, ma la loro parola è accolta e la loro missione seguita e sostenuta con partecipazione attiva, preghiera e collaborazione. Si pensi all’accoglienza positiva del Fondo di solidarietà per le famiglie bisognose, la più recente iniziativa dei Vescovi umbri.

AUTORE: Elio Bromuri