Democrazia al vaglio del virus

Ve lo immaginate il Governo italiano che affronta l’emergenza coronavirus affidando le sue scelte alla consultazione della piattaforma Rousseau? Non dico (non saprei dirlo) che le scelte fatte dal governo Conte siano state sempre quelle giuste. Ma affidarsi a Rousseau sarebbe stato come pescare nel sacchetto dei numeri della tombola.

Purtroppo l’emergenza coronavirus lascerà danni immensi, sui quali adesso non voglio insistere. Ma ci sarà almeno un vantaggio: farà scomparire tutta la retorica, l’utopia e le illusioni della cosiddetta democrazia diretta. Tipo lo slogan che tutto il potere è del popolo, che non ci sono deleghe, e che gli eletti sono semplici portavoce intercambiabili cui non spetta decidere nulla perché “uno vale uno”.

Invece no. La democrazia è sacrosanta, ma ci sono questioni che non si decidono a maggioranza; quelle scientifiche, per esempio.

E ci sono questioni, e forse sono le più gravi, che si pongono all’improvviso e vanno affrontate subito. Questioni per le quali il mandato (quello che qualcuno vorrebbe rendere vincolante) non vale perché c’è un problema a cui nessuno aveva pensato prima, e chi governa si trova, suo malgrado, solo con le sue responsabilità.

Ecco dunque che le elezioni si rivelano quello che sono: un meccanismo che serve, certo, a esprimere l’adesione a idee e indirizzi politici, ma alla fine serve soprattutto per individuare le persone cui toccherà prendere, nell’interesse di tutti, decisioni che al momento del voto non erano neppure pensabili.

Dunque quando si vota bisogna guardare (anche) alle qualità personali dei candidati, o almeno dei capi. L’intelligenza, l’onestà, il discernimento, l’esperienza, gli studi fatti, la responsabilità, l’equilibrio, la serietà.

Non è vero che tutti sono uguali nelle capacità. Come, nel calcio, c’è chi nasce Maradona e chi nasce brocco (più tutte le differenze che non derivano da doti naturali ma dalla vita vissuta); così in ogni altro ramo, politica inclusa, c’è chi è più preparato e più affidabile e chi non lo è.

Rivalutiamo la politica buona, la politica seria e responsabile, rifiutando sia le utopie egualitarie, sia le suggestioni dell’auto-propaganda via Twitter.

Pier Giorgio Lignani