Dietro al commercio del tartufo un giro d’affari perlopiù sommerso

Secondo la Comunità montana sono 6200 i tartufai in attività e 700 le tartufaie controllate

Prelibato principe della cucina umbra o straordinaria fonte di guadagni in gran parte sommersi? Per la nostra regione il tartufo ‘ che sia bianco o nero, scorzone o bianchetto ‘ è senza dubbio entrambe le cose, a giudicare dalle cifre di quello che può essere considerato un comparto economico a tutti gli effetti. Lo scorso anno il giro di affari è stato di circa 100 miliardi di lire, considerando solo i dati ufficiali relativi a prezzi e quantità raccolte. Ma gran parte del commercio, almeno quello tra cavatori da una parte e ristoratori e distributori dall’altra, si svolge nel sommerso, con tutto ciò che questo comporta in termini di evasione fiscale. I cercatori delle profumate ‘pepite’ sotterranee in Umbria sono censiti dalle Comunità montane. I tesserini rilasciati dagli enti territoriali superano i diecimila, ma i tartufai in attività e in regola con le tasse annuali di raccolta sono circa 6.200. Il record dei cavatori spetta all’Alto Tevere, con 1.445 cercatori censiti. Seguono i territori dei Monti del Trasimeno con 881 tartufai, i Monti Martani e il Serano con 788, la Comunità montana dell’Alto Chiascio con 777, quella della Valle del Nera e del Monte San Pancrazio (767), l’area del Monte Subasio (703), Monte Peglia e Selva di Meana (387), la Valnerina (253), il territorio Amerino (200). E’ pressoché impossibile, dicono gli esperti, stimare il giro di affari reale che deriva da una filiera economica decisamente complessa e in gran parte nascosta dietro agli accordi tra tartufai e acquirenti del prezioso tubero. I dati ufficiali ci aiutano solo in parte a delineare il fenomeno. Dai primi anni Novanta le quantità raccolte, secondo le cifre del Corpo forestale dello Stato, sono progressivamente aumentate ‘ salvo qualche stagione negativa ‘ dai 10 mila chilogrammi annui del 1990 agli oltre 31 mila del 1997, fino ai 39 mila del 2000, con un calo a circa 25 mila chilogrammi nel 2001. Negli ultimi anni, i prezzi hanno oscillato fra tre e quattro milioni di lire al chilogrammo. La stagione in corso, viste le grandi quantità disponibili, ha portato a un abbassamento delle tariffe, fino ai 500 euro circa per un chilo di tartufo bianco. In regione sono attive numerose tartufaie controllate o coltivate, anche se non esiste un albo ufficiale con indicazioni sui tartuficoltori umbri. L’Ufficio programmazione forestale della Regione Umbria, ha censito tramite le comunità montane oltre 700 tartufaie controllate. Gran parte di queste, ben 475, sono in Valnerina. Superano le duecento, invece, quelle coltivate: 159 sono private e poco più di una cinquantina sono regionali. Per la gran parte si trovano nell’Alto Tevere, in Valnerina, intorno al Monte Subasio e ai Martani. Ma l’Umbria, in generale, è una immensa tartufaia. Produce il nero pregiato, lo scorzone estivo e soprattutto il profumatissimo bianco. Il tartufo nero di Norcia e Spoleto, è quello prevalente. Il bianco è raro e per questo molto pregiato. Proprio negli ultimi giorni, si è riaperta la polemica a livello nazionale sugli aspetti fiscali legati alla raccolta e al commercio dei tartufi. Alle recenti mostre-mercato di Acqualagna e Sant’Angelo in Vado, nel pesarese, l’associazione che riunisce i commercianti di tartufi ha promosso anche uno sciopero simbolico. ‘Oggi i tartufi sono fuorilegge ‘ ha polemizzato il presidente nazionale di Tuberass, Amerigo Varotti ‘ perché i cavatori non vogliono sentire parlare di emettere fatture e i commercianti non possono acquistarli, nonostante la stagione generosa in quantità e qualità. Fino a quando non ci sarà una nuova legge non possiamo vendere e ci dispiace per i buongustai’. Al di là del paradosso e della provocazione, resta una questione delicata da risolvere, con interessi in conflitto tra loro, a cominciare da quelli dei cavatori e dei proprietari terrieri. Per questo, dallo scorso anno sono state presentate in Parlamento cinque proposte di modifica della legge 752 del 1985, che regola raccolta, coltivazione e commercio di tartufi. Tra queste figura anche quella del senatore umbro, Maurizio Ronconi, che prevede per i tartufai solo il dovere di quantificare il prodotto raccolto e comunicarlo alla Forestale, senza alcun obbligo fiscale o contabile che resta previsto solo per chi lo commercializza. Si attende a breve anche una modifica delle norme regionali umbre, che risalgono al 1994 e al 1997. In alcune zone dell’Umbria la nuova disciplina dovrà sanare anche la grande conflittualità tra Comunità montane e associazioni dei tartufai.

AUTORE: anche la grande conflittualità tra Comunità montane e associazioni dei tartufai.