Diffusione del culto della Natività nella sua rappresentazione scenica

Messaggio del Vescovo in occasione della mostra sui presepi allestita alla scuola "S. Filippo"

Nell’intricata chiesa di Betlemme, in una stanzetta dalle pareti ancora annerite da un incendio, una stella metallica sul pavimento sta ad indicare il luogo in cui nacque Gesù di Nazareth, il Cristo. Venti secoli or sono (stiamo appunto celebrando il Grande Giubileo dei duemila anni dalla Incarnazione del Figlio di Dio) lì Maria partorì in una stalla (o grotta, perché in Palestina le cavità naturali erano utilizzate come riparo per gli animali) e poi depose il Bambino al caldo di una greppia o mangiatoia, parole che in latino vengono tradotte, appunto, con praesepium o praesepe. Più precisamente, il termine presepe deriva da prae=davanti e saepire=chiudere con una siepe: indica, perciò, un recinto per animali, una stalla, il luogo dove si trova una mangiatoia. Questa è la storia visibile del mistero di Dio dell’Incarnazione (Dio che si fa uomo in Gesù). Ogni mistero di Dio emana un suo fascino e apre alla meraviglia, ma davanti al mistero dell’Incarnazione si rimane davvero incantati e commossi. Anche il nome “Gesù” (Ieoshuà=Dio salva) ed il suo appellativo “Emmanuele” (Dio con noi), con cui viene chiamato nel vangelo, ci possono aiutare a spiegare questo mistero. Gesù è vero Dio, ma anche vero uomo. E’ Dio con noi: non è un’apparizione, ma è veramente vissuto, storicamente, come noi esseri umani. Dio, in Gesù, si è reso presente in mezzo a noi. Ciò sta a significare una grande verità e consolazione: Dio non abbandona le sue creature, ma vive vicinissimo a loro, e lo si può incontrare nelle comunità dove regna l’amore (Mt 18, 20). Ma Dio è con noi anche perché è dalla nostra parte, prende le nostre difese, ci comprende più di tutti e ci salva. Dalla storia sappiamo che fra il 432 e il 440 il Papa Sisto III trasferì a Roma alcuni frammenti della santa Culla, in antro praesepis dell’attuale Santa Maria Maggiore, dove nacque l’abitudine della “Messa di mezzanotte”, ripresa da un’analoga tradizione a Betlemme. Parlando del presepio-rappresentazione possiamo dire che tentativi di raffigurare la Natività ve ne sono stati fin dal II secolo; ci sono tracce in un dipinto nelle catacombe di Santa Priscilla a Roma; altre tracce compaiono in antichi sarcofaghi; c’è un altro esempio, Natività e Adorazione dei Magi, nel cofanetto di Werden (Vestfalia), sulle ampolle metalliche di Monza e a Ravenna nella cattedra di avorio dell’arcivescovo san Massimiano, e così via nel tempo. Ma il 24 dicembre 1223 rimane una data indimenticabile nella storia del presepio. Francesco d’Assisi, venuto a Greccio con l’inseparabile frate Leone per redimere le genti di quella terra aspra, rimase lì per amore evangelico. Essendo prossimi al Natale, pensò ad una rappresentazione vivente e, individuata vicino alla sua capanna una grotta nel bosco molto adatta per far rivivere l’evento di Betlemme, ottenne l’aiuto di un generoso potente del luogo che gli procurò gli animali, la mangiatoia e la paglia dove deporre il piccolo Gesù. La notte della Vigilia il rintocco delle campane convocò alla grotta tutti gli abitanti di Greccio che arrivarono a piedi, a dorso di asino o cavallo, similmente ai pastori di Betlemme. San Francesco parlò ai fedeli e, come per miracolo, vide per un attimo il Bambino materializzarsi fra le sue braccia; si narra che anche alcuni fortunati videro questo miracolo. I frati francescani imitarono il loro fondatore nelle chiese e nei conventi aperti in Europa. Dopo di loro anche i domenicani continuarono nel diffondere la tradizione. Possiamo veramente considerare, quella di Greccio, la prima notte del presepio, e certamente è legittimo ritenerla l’inizio di un fenomeno straordinario di diffusione del culto della Natività nella sua rappresentazione scenica. La storia del presepio, da quel momento, è stata veramente ricchissima. Si costruirono presepi di ogni foggia e dimensione, talora permanenti, con figure fisse o mobili, in legno, terracotta o altri materiali. Ci sono alcuni esempi di dimensioni gigantesche, come quelli tipici dell’Italia centro-meridionale (Leonessa, Altamura, Cassano delle Murge, Matera, Putignano …). Tra i più famosi e antichi quello dell’Oratorio del Presepio in Santa Maria Maggiore a Roma, modellato nel 1280 circa da Arnolfo di Cambio. Arriviamo, così, nei secoli XVII e XVIII in cui l’arte del presepe raggiunse in Sicilia, a Napoli e a Roma il massimo e più caratteristico sviluppo, che tutti ben conosciamo e di cui la mostra ci offre un saggio molto eloquente. La mia esortazione di Vescovo, nel benedire questa mostra, vuole invitare tutti a rivolgere con attenzione lo sguardo al Bambino della mangiatoia, a non fermarci solo alla bellezza esteriore delle scenografie o dei costumi, ma al significato profondo che racchiude al venuta di Dio fra noi. E che il Santo Natale ci spinga ad allargare lo sguardo oltre la propria casa, ad accorgerci sempre più degli altri, a sperimentare che il mondo intero è la nostra casa e i popoli la nostra famiglia. Questo è stato anche il significato dell’annuncio fatto dagli angeli ai pastori di Betlemme: “Gloria a Dio e pace in terra agli uomini che egli ama” e questo è stato il motivo della nascita di Gesù. Pace e bene!

AUTORE: Pellegrino Tomaso Ronchi