Don Bruno, l’amico di tutti

Un commosso ricordo di mons. Bruno Frattegiani a dieci anni dalla scomparsa

L’ho conosciuto già vescovo e ho avuto consuetudine con lui solo negli anni del comune episcopato nelle Marche, lui a Camerino, io a San Benedetto del Tronto; lui alla conclusione della sua fatica pastorale segnata da progressiva sofferenza, io agli inizi del mio ministero in terra marchigiana. Ma l’incontro fu subito seguito da simpatia reciproca. Sapevo già della sua cultura sia umanistica (perfetto conoscitore della lingua latina e greca) che giuridica e biblica; e come tale era un punto di riferimento spirituale per tante persone. E sapevo anche del suo lavoro pastorale a Perugia, particolarmente nell’Azione cattolica, dell’amore che gli voleva la gente semplice, ma specialmente i preti che ne apprezzavano l’energia, l’affetto, la lungimiranza, soprattutto al tempo del suo servizio in diocesi come vicario generale. La sua nomina a vescovo venne a interrompere una sin troppo lunga ’emarginazione’ del clero perugino che, sospettato a torto di modernismo per la sua vigorosa vitalità negli anni del lungo pontificato di Leone XIII ‘ vitalità non gradita negli ambienti curiali romani ‘, non ebbe più l’onore di vescovi scelti all’interno del suo presbiterio. Toccò a don Bruno interrompere nel 1964 questo digiuno sessantennale, e fu lui il primo vescovo scelto di mezzo al clero perugino. Dopo di lui furono vescovi altri due insigni sacerdoti perugini: don Carlo Minchiatti, eletto nel 1969 vescovo di Sora-Aquino-Pontecorvo, quindi arcivescovo di Benevento, ove morì nello stesso anno 1966 in cui morì don Bruno; e don Carlo Urru, eletto nel 1971 vescovo di Ampurias e Tempio Pausania, poi di Città di Castello, ove è morto nel 2002. Questo fatto, all’apparenza di scarso rilievo, sta invece ad esaltare le qualità intellettuali, spirituali, pastorali di don Bruno, che in certo modo venne su dalla pastorale diocesana più che dai percorsi accademici. Dalla famiglia e dalla parrocchia imparò la fede robusta, l’apertura di cuore, l’amicizia, la cordialità, l’amabilità del tratto: tutte quelle virtù umane e cristiane che lo hanno caratterizzato e lo fanno ancor oggi ricordare con affetto e rimpianto. Qualità che anch’io ricordo con gratitudine, pensando all’affettuosità con cui mi chiamava a parlare nei convegni pastorali diocesani e mi voleva a pranzo con lui nella casa del clero, presentandomi a tutti come suo amico. Pochi ricordi, i miei, ma sufficienti a rendermelo caro a distanza di tempo, così come fu caro agli altri vescovi delle Marche. Poi venne la terribile notte dell’eclissi della memoria; intraprese in solitudine, ma sempre seguito con affetto, la lunga via crucis che lo condusse nel cielo di Dio il 22 luglio 1996.

AUTORE: ' Giuseppe Chiaretti