Don Giuliano celebra 25 anni di messa

Don Giuliano Pagliaricci, arciprete parroco di Santa Maria Assunta in Montecchio, celebra i 25 anni di ordinazione sacerdotale: noi de La Voce abbiamo colto al volo l’occasione per intervistarlo e invitare i lettori, gli amici e i confratelli ad unirsi in preghiera di lode al Signore per il lavoro fin qui svolto al servizio della Chiesa e dei fratelli. Don Giuliano, 25 anni or sono con l’ordinazione sacerdotale si consacrava per sempre a Dio e ai fratelli. Quando si accorse che il Signore la chiamava? ‘Ho sempre avuto una particolare attrazione verso le cose sacre e il mondo della fede. A quattro anni assistetti ad una ordinazione sacerdotale, e mia madre mi ha sempre raccontato che, dal momento della prostrazione in poi, cominciai a dire: ‘Voglio farlo anche io!’. A otto anni rispondevo alla solita domanda su che cosa vuoi fare da grande: ‘Voglio fare il prete!’. L’adolescenza ha un po’ annebbiato questa prospettiva, ma subito dopo il diploma di maturità ho fatto un’esperienza forte tra i giovani del movimento dei Focolari. In quel momento ho cominciato a percepire più intensamente la chiamata del Signore. L’avvenimento che mi ha fatto decidere definitivamente è stata la morte di Papa Giovanni Paolo I. Comunque ora penso che l’unica strada possibile per me fosse quella del sacerdozio’. Lei è in cammino da 25 anni. Quali le illusioni e/o le delusioni? ‘Sebbene in questi venticinque anni abbia riscontrato a volte alcune delusioni, le soddisfazioni e le gioie che mi ha dato il sacerdozio hanno cancellato ogni ombra di difficoltà. D’altra parte ho imparato che la croce è l’unica strada della salvezza, e portarla con Gesù è un privilegio’. Come vive il suo rapporto di carità con i fratelli di cui è pastore? ‘Caratterialmente mi è piuttosto facile stabilire relazioni con le persone che mi circondano e, con il tempo, ho capito che non si può annunciare il Vangelo imponendolo dall’alto, ma va fatto rinascere dal cuore delle persone, dove è già stato seminato dal Signore. Posso definirmi un vero prete di campagna: poca cultura ma discreta umanità’. Gli ammalati e i poveri quale posto occupano nella sua giornata di pastore? ‘Credo che chi soffre sia il sostegno del mondo e della Chiesa. Quindi i malati sono sempre al primo posto nell’attività pastorale. Sono anzi i primi operatori pastorali. Tutti i miei malati sanno che con il loro dolore, portato con amore, sostengono le opere di bene che io posso realizzare. Per questo motivo non li considero degli oggetti da curare, ma dei veri e propri collaboratori. Nelle ultime comunità ho avuto la fortuna di avere delle case di riposo e molto giocosamente ne sono diventato l’animatore’.