Don Nello, vero prete e vero artista

L'ultimo saluto a mons. Palloni che ha tradotto "la Parola di Dio nella vita e nell'arte"

Don Nello Palloni veniva da un paesino collinare, Migiana di Monte Tezio, dove era nato il 31 gennaio 1935. Ha studiato e si è formato nel corso seminaristico ed è stato ordinato il 29 giugno 1961. Ha esercitato il suo ministero con vari incarichi fino a diventare parroco di San Barnaba nel maggio 1973. Nel tempo ha maturato la sua innata tendenza al disegno e alla pittura fino a diventare l’artista di riferimento più importante della diocesi, con opere realizzate anche fuori del suo abituale ambiente riscuotendo molteplici riconoscimenti. Al funerale, sabato 5 aprile, il critico d’arte e amico personale Massimo Duranti, ha evidenziato molto bene questo aspetto. Ma don Nello era prima di tutto prete, anche quando realizzava opere d’arte. Il suo figlio spirituale, don Nicola Allevi, lo ha spiegato a tutti, con momenti di grande commozione, quando ha detto ‘se io porto questa stola e alzo le mani per la consacrazione eucaristica, lo devo a don Nello’, ed ha letto quello che si sono scritti in occasione della sua ordinazione presbiterale.Il funerale è stato un’apoteosi, nella chiesa che don Nello aveva trasformato da anonima sala di riunione qual era al suo arrivo in una suggestiva aula piena di luce e di colori, quel giorno piena di una folla di persone commosse e fiere di stare lì e di avere avuto come parroco o consigliere o amico un vero uomo e un vero prete.L’arcivescovo, che è venuto dopo una settimana di assenza dalla diocesi a presiedere la concelebrazione eucaristica, ha letto un’omelia ampia e ricca di riferimenti alla Parola di Dio e alla vita secondo la Parola di don Nello. Un’omelia pensata, scritta e letta, per evitare il blocco della commozione che, tuttavia, non è riuscito a trattenere nella preghiera finale del commiato quando la voce gli si è leggermente incrinata. ‘Carissimi, – ha iniziato mons. Chiaretti – nel breve arco di dieci giorni ben quattro sacerdoti sono stati convocati a fare Pasqua eterna con Cristo nella casa di Dio. Ora è la volta del carissimo mons. Nello Palloni, di cui abbiamo goduto la fraterna amicizia a molti livelli: come sacerdote di Dio e parroco che dopo altri servizi in diocesi ha lavorato pastoralmente per ben 35 anni in questo ambiente di San Barnaba’. Il Vescovo si sentiva che parlava di una persona di cui aveva profonda e intima conoscenza e che stimava come artista e come prete. Dell’arte di Palloni ha detto che vi si è dedicato ‘non come diletto personale ‘ pur legittimo ‘ ma come attività pastorale che spiega e sostiene la fede mostrando per segni e per simboli il contenuto della fede, con particolare attenzione alla carità. La sua è stata, come era per gli antichi artisti delle cattedrali, una catechesi per immagini, offerta agli occhi e al cuore di tutti’. Ed ha ricordato alcune opere come ‘la Mater Misericordiae nel grande mosaico absidale della cappella dell’Ospedale che è il suo ultimo lavoro di grandi dimensioni’. Ancor più delle parole, l’affetto di mons. Chiaretti per don Nello si è espresso come in un’icona quando al termine, dopo averlo incensato, si è inginocchiato e appoggiato sulla bara e con un bacio lo ha salutato. Un gesto carico del sentimento di tutti i presenti.E.B.Omelia del vescovo Carissimi,nel breve arco di dieci giorni ben quattro sacerdoti, anziani certamente ma due di essi ancora in pieno servizio pastorale, sono stati convocati a fare Pasqua eterna con Cristo nella casa di Dio. Ora è la volta del carissimo mons. Nello Palloni, di cui abbiamo goduto la fraterna amicizia a molti livelli: come sacerdote di Dio e parroco che dopo altri servizi in diocesi ha lavorato pastoralmente per ben 35 anni in questo ambiente di San Barnaba di recente aggregazione, e per questo motivo pastoralmente più complesso, sviluppando molte iniziative: da quelle assistenziali come la scuola materna, a quelle di formazione spirituale come il Movimento del Rinnovamento nello Spirito e del suo omologo la Comunità Magnificat, a quelle ricreative con l’attività teatrale, cara alla tradizione parrocchiale dell’Azione Cattolica. Di pari passo ha potuto coltivare anche il suo istintivo e primordiale sogno di dedicarsi all’arte, non come diletto personale ‘ pur legittimo ‘ ma come attività pastorale che spiega e sostiene la fede mostrando per segni e per simboli il contenuto della fede, con particolare attenzione alla carità. La sua è stata, come era per gli antichi artisti delle cattedrali, una catechesi per immagini, offerta agli occhi e al cuore di tutti. Basti ricordare la serie delle parabole o quella delle opere di misericordia o della storia della salvezza, o del cantico delle creature, con un continuo richiamo sia al Crocifisso che al Risorto, o la Mater Misericordiae nel grande mosaico absidale della cappella dell’Azienda Ospedaliera di Perugia, che è il suo ultimo lavoro di grandi dimensioni a Perugia. Ha usato a preferenza la vetrata ‘ se ne contano 54 nelle chiese perugine ‘ come capace di creare emozioni diverse nelle diverse ore del giorno, quasi ad accompagnare la preghiera o l’invocazione o il pianto del credente che invoca aiuto. Le chiese da lui arricchite di cromie suggestive sono state tante, sia in città che in diocesi e fuori diocesi (a Santa Lucia, a Santa Maria di Colle, ai Santi Biagio e Savino a Tuoro’), felice in ciò di poter onorare anche l’insegnamento dei suoi maestri perugini Dottori e Bruschetti. Ma forse il meglio di sé lo ha riservato nel far bella, sempre più bella, per eleganza, decoro, misticismo ma anche ordine e pulizia, la sua sposa, questa chiesa parrocchiale per la quale ha sofferto e ha faticato, riuscendo ad ottenere un’armonia di forme che all’origine sembrava ardua. In questa magnifica aula ecclesiale invece ha creato lo spazio armonico della ecclésia, e cioè la famiglia cristiana che celebra con decoro di forme la lode di Dio e porta via dall’ascolto della Parola e dall’Eucaristia il sentimento di grazia che rende fedele e forte nell’alternarsi dei giorni. Ha amato fortemente la Chiesa, e, nella Chiesa, la sua gente, che ha educato alla coerenza e al coraggio della testimonianza.Un segno di stima collettiva verso il prete-pittore, ma anche di gradimento della sua pittura emotiva fatta di ondate di luce e di armoniosità di colori è anche il fatto di trovare spesso nelle case le sue produzioni. Sempre uguale lo stile, sempre ricche le suggestioni misteriche e religiose che il quadro ispira.Dobbiamo esser grati a Dio che in don Nello ha donato alla Chiesa un testimone della fede, che ha saputo parlare alla gente di oggi, in tempi di nuova evangelizzazione, con il linguaggio della bellezza artistica. Perché Dio è bellezza! Non è comparsa ai suoi occhi neppure troppo tardi nel tempo, perché già da giovane studente, nel collaborare alla redazione del diario di classe del 1957 (una tradizione dei seminari), aveva riservato per sé le vignette di commento sia penna che a pennello con incantevoli paesaggi piene di luce. Quando glielo portai qualche giorno fa per rivederli, si commosse e entusiasmò: per un attimo tornò negli occhi la gioia del linguaggio pittorico che, da buon prete, ha messo a servizio della fede. Non poteva dire come Sant’Agostino ‘troppo Tardi ti ho conosciuto, bellezza tanto antica e tanto nuova!’, ma poteva ben dire, con sant’Agostino: ‘Quando mi sarò unito a te completamente non esisterà più per me dolore e fatica, e la mia vita, piena di te, sarà vita vera!’ ( ). Ora don Nello è nella vita vera, come l’ha sognata pittorica mentene i suoi quadri nella scena della risurrezione, con la tomba che quasi esplode sotto la forza vitale di Cristo, e nella tradizione pittorica dell’affermazione di fede: ‘Io credo: risorgerò!’, dove continua con le parole di Giobbe: ‘Scio enim quod redemptor meus vivit et in novissimo die de terra surrecturus sum et rursum circundabor pelle mea et in carne mea video Deum meum’. Grazie caro don Nello te lo dicono il vescovo, i preti, i tuoi familiari, i tuoi parrocchiani, i tanti amici, gli artisti perugini della città che hai onorato come prete e come artista.