Dove vanno i treni della Fcu?

È una risorsa importante ma non ancora sfruttata come potrebbe. Inoltre il recente incidente con feriti ripropone il problema della sicurezza

La Fcu (Ferrovia centrale umbra) è una risorsa non pienamente sfruttata. Una rete di 150 chilometri (da Sansepolcro fino a Terni), con una ventina di stazioni e tre milioni di passeggeri all’anno. Sono in gran parte pendolari, studenti ed operai. Una sorta di metropolitana di superficie con tanti problemi, stando almeno alle lamentele dei vari Comitatati di pendolari: treni troppo affollati, orari non sempre rispondenti alle loro esigenze, l’aumento del prezzo dei biglietti e degli abbonamenti. A questi si è aggiunto quello della sicurezza, dopo l’incidente della scorsa settimana nei pressi della stazione di Casigliano, vicino a Massa Martana, con sei passeggeri feriti tra i quali una giovane donna incinta. Il treno era di una sola carrozza, con una ventina di viaggiatori. Erano circa le 8 del mattino: il convoglio è uscito dal binario, arrestandosi contro un palo della rete elettrica di alta tensione ed appoggiandosi alla recinzione di una palazzina abitata da tre famiglie. Panico tra i passeggeri: il bilancio di quello che poteva essere un incidente ben più grave è stato di sei feriti non gravi. Sulle cause indaga la magistratura. I sindacati parlano di probabile deformazione del binario provocata da cedimenti della massicciata. Cittadinanza attiva in un comunicato definisce l’incidente un “evento sentinella” mentre il Comitato pendolari Fcu sottolinea che “poteva succedere in un qualsiasi altro luogo” della stessa ferrovia. La storia della Fcu comincia nel 1915 con il nome di Società delle strade ferrate del Mediterraneo. Diventa poi Mua (Mediterranea umbro-aretina) ed in tempi più recenti Fcu. Nei mesi scorsi è confluita nella Umbria Tpl, la nuova holding regionale dei trasporti. Un passaggio difficile, accompagnato da una vertenza sindacale dei circa 200 dipendenti aperta dal luglio scorso. Riguarda anche “carenze infrastrutturali che – denunciano i sindacati – si ripercuotono sulla sicurezza”. La sicurezza appunto. “Ci auguriamo – afferma Cittadinanzattiva – che l’incidente di Casigliano sia una caso isolato, ma è un evento sentinella che deve fare riflettere la Regione ed i vertici della nuova holding regionale. Ci sono poche risorse, ma non si può abbandonare la manutenzione delle infrastrutture, come denunciato dai sindacati”. “La Regione – replica l’assessore Silvano Rometti – ha fatto rilevanti investimenti per accrescere la sicurezza del servizio. È stata già chiusa la maggior parte dei passaggi a livello incustoditi, finanziati interventi su infrastrutture per maggiore sicurezza e regolarità della circolazione. Un impegno – assicura – che continua per rendere sempre più sicura e rispondente alle esigenze degli utenti il servizio di trasporto ferroviario dell’Umbria”. Un servizio, per quanto riguarda la Fcu, che negli ultimi anni nell’insieme è sicuramente migliorato anche se, ad esempio, il Comitato pendolari di Città di Castello parla di “biglietti ed abbonamenti più salati” dal dicembre scorso, con invece un “peggioramento dei servizi con viaggiatori tra Sansepolcro e Perugia stipati e costretti a viaggiare in vagoni unici”. E che dire poi delle potenzialità non sfruttate del collegamento tra le stazioni di Ponte San Giovanni e Perugia Sant’Anna? Potrebbe essere il “minimetrò” al servizio della zona-est del capoluogo. Una “seconda linea” che già esiste, con un grande parcheggio per chi arriva al nodo stradale e ferroviario di Ponte San Giovanni, e la possibilità di salire in treno in dieci minuti fino al cuore dell’acropoli.

AUTORE: Enzo Ferrini