Fino al 1’di maggio si potrà fruire a Perugia di un evento unico ed irripetibile, la possibilità di ammirare anche il secondo dei primi due capolavori conservati di Luca Signorelli: lo Stendardo di Fabriano del 1482-1485 ca., prestato alla Galleria Nazionale dell’Umbria dalla Pinacoteca di Brera a Milano, dove è giunto in seguito alle demaniazioni napoleoniche (1811). L’altro capolavoro, la Pala di Sant’Onofrio del 1484, si trova invece nel Museo della Cattedrale di Perugia dal 1923, data di istituzione della raccolta capitolare. Le due opere, praticamente contemporanee e piene di richiami l’una all’altra, realizzate in un momento di piena maturità (quando il pittore aveva già 35 anni, se non di più), rivestono una grande importanza nel percorso artistico di Signorelli, perché costituiscono il punto di riferimento per qualsiasi tentativo volto a definire la sua carriera giovanile, di cui non sopravvive alcuna traccia visiva. Per una serie sfortunata di coincidenze, infatti, non possediamo nulla di quanto Signorelli abbia realizzato dai suoi esordi pierfrancescani fino ai due lavori menzionati, cioè dalla metà degli anni ’60 alla metà degli anni ’80, circa 20 anni di attività, dei quali possiamo intuire qualcosa solo grazie a pochi documenti. La Pala di Sant’Onofrio venne commissionata al pittore dall’allora vescovo di Perugia, il cortonese Iacopo Vagnucci, che la fece collocare sull’altare della propria cappella di famiglia, consacrata al curioso Santo eremita nel transetto destro della cattedrale perugina (oggi dedicato a santo Stefano). Sotto il pavimento della cappella, sia Iacopo che il nipote Dionisio Vagnucci, succeduto allo zio nella carica vescovile, avrebbero trovato solenne sepoltura: purtroppo gli scavi condotti nelle ultime settimane sotto il transetto, in prosecuzione di quelli già effettuati sotto il chiostro e la sacrestia della cattedrale, non hanno rilevato alcuna traccia delle loro spoglie, forse traslate dopo il rifacimento ottocentesco del pavimento dell’intero edificio. La pala di Signorelli era strettamente collegata sul piano iconografico alla sovrastante vetrata della trifora (i cui pannelli frammentari giacciono oggi nel Sacro Convento di Assisi), a formare uno dei programmi decorativi più interessanti di tutto il Rinascimento perugino, per dimensioni, coerenza ed organicità. Lo Stendardo di Brera, oggi formato da due tavole separate, costituiva in origine un segno processionale a due facce, raffigurante sul davanti la ‘Madonna del Latte’ e nel retro la ‘Flagellazione di Cristo’. La doppia iconografia intendeva riferirsi sia al titolo della chiesa di provenienza, la distrutta Santa Maria del Mercato a Fabriano, sia alle pratiche auto-flagellanti della Confraternita dei Raccomandati, appoggiata alla chiesa. Come noto, i due capolavori sono stati inseriti nei percorsi guidati che, fino al mese di maggio, il Comune di Perugia dedicherà a Signorelli, conducendo i visitatori anche attraverso le opere realizzate dal pittore a Monte Oliveto (Siena), Cortona, Umbertide, Morra (Trestina), Città di Castello ed infine Orvieto.
Due capolavori a Perugia
Lo 'Stendardo di Fabriano', prestito della pinacoteca di Brera, arricchisce la città di un altro tesoro del Signorelli
AUTORE:
Raffaele Caracciolo