Economia Umbria. Analizzando i dati della Banca d’Italia e dell’Aur

Tra gli indicatori specifici per l’Umbria riportati nel Rapporto sul Benessere equo e sostenibile in Italia (Bes) 2019, e accennati nel precedente articolo su La Voce, ricordiamo alcuni di quelli relativi al versante dell’occupazione e del benessere economico.

La situazione umbra

Se, da un lato, il tasso di occupazione in Umbria (percentuale di occupati sulla popolazione di 2064 anni) è pari a quello del Centro, e maggiore di quello nazionale, dall’altro, la quota di occupati con un titolo di studio superiore a quello maggiormente richiesto per la professione svolta (ossia occupati “sovraistruiti”) è nettamente superiore che nel Centro e in Italia (Banca d’Italia, Rapporto Bes 2019 , pp. 58-59).

Sul fronte del benessere economico, di nuovo una situazione in chiaroscuro: da un lato il grado di disuguaglianza del reddito disponibile è minore sia rispetto all’Italia che al Centro, e lo stesso può dirsi per la quota di persone in stato di grave deprivazione materiale.

Dall’altro lato, il reddito medio disponibile pro capite è minore non solo rispetto al Centro ma anche rispetto al dato nazionale (Rapporto Bes 2019 , pp. 70-71).

In tema di innovazione, ricerca e creatività, la propensione alla brevettazione (relativa alle domande di brevetto presentate all’Ufficio europeo dei brevetti) in Umbria è molto più bassa non solo rispetto al Centro, ma anche all’Italia.

Lo stesso può dirsi per la percentuale di occupati con istruzione universitaria in professioni scientifico-tecnologiche; e si allinea a queste indicazioni la mobilità negativa (migratorietà) dei laureati (25-39 anni) più elevata rispetto sia al Centro che all’Italia (Rapporto BES 2019, pp. 180-181).

L’analisi dell’Aur

In questo quadro complesso e articolato di luci e ombre si riflette l’analisi recente proposta nel “Rapporto economico e sociale” (Res) 2018-2019 dell’Aur, L’Umbria alla ricerca dell’attrattività, presentato nel dicembre scorso.

Si tratta di un’Umbria colpita da una caduta del Pil reale del 16% tra il 2007 e il 2017, con un Pil pro capite, una spesa pro capite per consumi finali, e una produttività reale del lavoro nettamente minori rispetto al dato nazionale, con un forte aumento del lavoro a tempo determinato e del part-time involontario, e un tasso di disoccupazione dei 25-34enni doppio di quello dei 54-65enni (Aur, Res 2018-2019 , “Sintesi”).

Un’Umbria in grave ritardo sul fronte della modernizzazione digitale, soprattutto per la mancanza di adeguate figure professionali e la carenza di competenze all’interno di una gran parte delle imprese. In rilevante declino demografico, con molti Comuni delle aree interne a rischio di estinzione, e con un livello medio-basso di spesa sociale comunale pro capite.

Con un debole collegamento tra mondo della ricerca e sistema produttivo; e con politiche regionali di coesione frammentate, con sottodimensionamento dei progetti finanziati… Tutto questo, nonostante un made in Umbria spesso di eccellenza e fortemente orientato all’export, e una popolazione tra le più istruite d’Italia, e percorsi di alta specializzazione post- diploma, e poi la qualità di vita, il patrimonio artistico e architettonico, le amenità paesaggistiche, le eccellenze enogastronomiche…

Ma l’impulso per uno sviluppo sostenibile va sostanzialmente potenziato – per assicurare il mantenimento dei servizi molteplici a garanzia del benessere – con investimento sui giovani e sul capitale umano, e su infrastrutture, e su istituzioni di livello più elevato, rendendo l’Umbria più attrattiva per favorire un adeguato afflusso di “idee, investimenti, risorse umane qualificate” (Aur, Res 2018-2019 , “Sintesi”).

Serve più impegno da parte delle amministrazioni

Ciò richiede una grande impegno a tutti i livelli di governo, inclusa l’Amministrazione regionale e gli enti locali. La sostenibilità infatti si basa su interventi trasversali e sistemici, con un ripensamento sul modo in cui coordinare le politiche settoriali, per il perseguimento di obiettivi tra loro fortemente intrecciati, mantenendo gli stock dei vari tipi di capitale (naturale, umano, sociale, economico) al livello richiesto (E. Giovannini, L’Utopia sostenibile, Laterza, 2018).

La complessità di tale impegno richiede anche a livello locale il coinvolgimento di tutti i principali attori sociali che concorrono alla produzione di beni e servizi e alla formazione di benessere sul territorio. Su questo fronte si attende di conoscere l’orientamento della nuova Giunta regionale dell’Umbria.

Si pensi alle politiche volte al contrasto di povertà e disuguaglianze (attualmente basate sul Reddito di cittadinanza, sulla cui efficacia, per un effettivo sradicamento della povertà, esistono numerosi dubbi). Esse chiedono di garantire a livello nazionale l’accesso per tutti i ceti sociali ai corrispondenti livelli essenziali di prestazioni, di accompagnare l’erogazione del sussidio con un’adeguata offerta di servizi (da coordinare a livello locale), di formulare e attuare politiche di sviluppo nelle aree fragili e nelle periferie, e molto altro ancora.

Ma queste politiche suppongono inoltre appropriate modalità di organizzazione e gestione del lavoro produttivo dei beni e servizi richiesti, fondato sull’esercizio di una diffusa ed effettiva responsabilità sociale da parte di tutti gli attori della filiera di welfare, con un’attenzione continua alle esigenze della persona.

L’“Economia di Francesco si basa su questa attenzione, oltreché sulla pratica della gratuità e del dono. E presuppone fiducia, coesione e senso civico, quei valori cioè che il presidente Mattarella, a chiusura del 2019, ha posto alla base di una sostenibilità pienamente umana.

Pierluigi Grasselli