Eroi o no, i preti sono a servizio

l'editoriale

Alle domeniche dell’anno liturgico spesso si uniscono intenzioni particolari di preghiera e di riflessione che riguardano aspetti della vita della Chiesa e della società: Giornata della pace, delle missioni, contro la lebbra, la fame nel mondo e così via. Una di queste è la Giornata delle vocazioni presbiterali e religiose, celebrata domenica scorsa. Per pura coincidenza, abbiamo riportato la notizia che il Comune di Gualdo Tadino ha dedicato una piazza a don Davide Berrettini (La Voce n.16, pag. 19). Era parroco di un paese delle Marche che apparteneva in quel tempo alla diocesi di Gualdo Tadino. Non ripetiamo la storia già raccontata. Il fatto che definisce don Davide è l’offerta di se stesso alla fucilazione al posto di 23 suoi parrocchiani. Fucilazione eseguita il 19 giugno 1944. Questo avvenimento è stato evocato il 25 aprile scorso, festa della Liberazione. Penso che sia giusto ricordarlo e segnalarlo anche in riferimento alla Giornata delle vocazioni. In questa occasione sono stati pubblicati alcuni grafici che illustrano l’andamento delle vocazioni nell’Italia e nel mondo (Avvenire di domenica scorsa), nei quali si scopre, tra l’altro, che in Italia calano mentre nel mondo aumentano anche se di poco. Alla luce del fatto sopra citato, qui si vuole semplicemente sottolineare che il ‘problema vocazioni ‘ non sta tanto nei numeri che calano o crescono, secondo movimenti imprevedibili della storia e i moti dello Spirito che soffia dove vuole e, a nostro avviso, anche quando e se vuole, nella sua assoluta libertà. Ma, come abbiamo scritto a proposito dell’omelia (vedi n. 16, p. 24), stiamo trattando di questioni gravi e profonde. Lasciarsi condurre dalla chiamata del Signore e della Chiesa verso il sacerdozio ministeriale comporta il dono di sé, simile a quello del Buon Pastore e dei pastori che come don Davide hanno donato la propria vita agli altri. ‘Vita donata’ è definita la vita di un prete. Bonhoeffer vedeva proprio in questo ‘essere per gli altri’ la definizione di Cristo e dei suoi discepoli. La vocazione presbiterale è una sequela radicale di Cristo e della parola del Vangelo: ‘Chi vorrà salvare la vita, la perderà’. Non tutti, certo e per fortuna, o per grazia di Dio, devono dare la vita fisicamente in un atto eroico. Ci sono molti modi per darsi agli altri operando senza interesse e calcolo. Preti, parroci e umili religiosi, senza enfasi e retorica, hanno consumato nel dono quotidiano di sé un martirio lungo un’intera esistenza. Nella vicenda di don Davide il tentativo istintivo di fuggire davanti al plotone di esecuzione mette in evidenza che non era un eroe che sporge il petto, ma una persona con tutto il carico della propria umana debolezza, vinta solo per la grazia e lo Spirito del Cristo risorto. Mi sono deciso a scrivere queste righe anche sotto la spinta dello sdegno per la locandina di un periodico che non nomino, in cui ancora una volta viene ‘impiccato’ un prete su otto colonne di stampa. Nel mondo i preti sono complessivamente 407.262 (Annuario pontificio 2006) e tutti possono subire la tentazione di scappare di fronte alle proprie responsabilità e alle promesse fatte. Un minimo di buon senso aiuterebbe a fare discernimento. I preti non vogliono la dedica di vie o piazze, né applausi a scena aperta come tanti politici, ma solo la libertà di lavorare serenamente per la Città celeste, che umanizza la città terrena.

AUTORE: Elio Bromuri