Federica, A. Maria, Elena, Marcella

Storie tragiche di donne, raccontate in lungo e in largo sui giornali di questi giorni, si vanno moltiplicando nel periodo estivo, attirano l’attenzione e suscitano perplessità e discussioni. Tante donne vittime, perché? Non vogliamo ripercorrere le vicende. Il nostro giornale evita di riportare casi di cronaca nera e, se lo fa, è per domandarsi se, dietro a queste storie, non vi sia una questione più profonda. L’enigmatica vicenda di Federica, uccisa in Spagna durante un periodo di vacanze allegre e spensierate, non può lasciare nessuno indifferenti, soprattutto quei genitori che hanno figli in giro per il mondo. So che richiamare alla prudenza e alla moderazione dei comportamenti non è di moda. Ma forse può giovare per evitare drammi e tragedie. Non solo le tragedie della strada, come è successo a Isabel, deceduta in un incidente di macchina guidata dal fidanzato, sembra, senza patente di guida, ma anche di cadere vittime di qualche malintenzionato, come è successo ad Ana Maria, giovanissima romena, uccisa da uno sconosciuto lasciato entrare in camera. In situazione diversa, ed ancora più tragica, la fine di Elena di Città di Castello, uccisa da una dose di sostanza tossica. Molti conoscono una o un’altra di queste storie, tutte tragiche e che hanno a che fare con una condizione di difficoltà e disagio, che espone giovani donne alla violenza. Non si vuol dire che non vi siano morti violente tra gli uomini (un giovane morto per overdose mercoledì scorso, ndr) ma, se andiamo a vedere bene, la donna è maggiormente esposta. Basti pensare a tutto l’ampio fenomeno della prostituzione femminile in cui sono coinvolte decine di migliaia di ‘prostituìte’, come le chiamava don Oreste Benzi, per sottolinearne lo stato di passività. È diffusa tuttora l’opinione della donna oggetto, convalidata dalla maggior parte degli spot pubblicitari e dalle mode dell’abbigliamento estivo, diffuso nelle città come nelle spiagge. Diverso discorso per la storia di un’altra donna, non vittima di violenza, quanto di eccesso, se si vuole, di amore e dedizione verso i propri figli: Marcella, la giovane madre ammirata e pianta da tutta la cittadina di Umbertide e da tutti quelli che ne sono venuti conoscenza. Sacrificare la propria vita per salvare la vita di qualcuno è il massimo di amore che si possa realizzare. Lo stesso che ha manifestato Cristo sulla croce. Anche questo caso ci induce a guardare alle donne con occhi nuovi, per la loro capacità di amare, per la bellezza, l’eleganza e dignità della loro persona, per la loro vocazione e lo stile del loro modo di essere e di porsi, per il grande ruolo che hanno nella famiglia di origine e in quella che andranno a formare. Alla società devono chiedere non solo l’accesso alle carriere, ma il rispetto per la libertà nelle scelte della vita, in coerenza con la nostra cultura. Anzi, della vita umana, di cui sono le principali sorgenti, devono sentirsi anche le più sicure tutrici. Non sono obbligate, ad esempio, a coprirsi, come si fa in certi Paesi, quasi fossero pacchi riservati all’acquirente, né a svestirsi per esibirsi al miglior offerente. Vent’anni fa, un Papa illuminato e appassionato, Giovanni Paolo II, ha scritto un’enciclica sulla donna, la Mulieris dignitatem. Riprenderla in mano anche oggi può servire ad allontanare lo spettro della violenza e riconoscere, appunto, la dignità della donna.

AUTORE: Elio Bromuri