Grazie a Dio!

Grazie a Dio! è l’espressione che molti hanno detto e moltissimi hanno pensato per la liberazione di Simona Pari e Simona Torretta. Grazie a Dio e a tutti gli uomini di buona volontà che direttamente o indirettamente hanno collaborato alla soluzione positiva dell’odiosa e umiliante cattura delle due italiane. La loro liberazione, infatti, ci riempie di gioia tanto più grande quanto più profonda era l’angoscia in cui l’intera nazione era precipitata dal giorno della cattura. Le prime pagine dei giornali di tutto il mondo hanno riportato le foto di queste due giovani donne, volontarie in un paese in guerra, tra i pericoli, a servizio di bambini e donne, che hanno provocato pietà e simpatia anche di molti musulmani. Nel “grazie a Dio !” anche loro, spontaneamente si sono uniti, come hanno scritto i loro rappresentanti, tra cui per l’Umbria l’imam Abdel Qader. Questo momento, vissuto come occasione di respiro di speranza e di liberazione psicologica, deve servire per riprendere lucidità nel ragionare sulla guerra, sulla pace, sul terrorismo, sui rapporti tra musulmani e cristiani, oriente e occidente, società nazionale e immigrati, sui doveri delle maggioranze e delle opposizioni, sull’unità europea e sulle Nazioni unite, sulle organizzazioni non governative. Sono i temi messi all’ordine del giorno dal nostro tempo, tempo della mondializzazione di tutti i problemi e della messa in opera di tutte le risorse. Tutto si tiene o tutto si disgrega in una società globalizzata. Sarebbe da stolti limitarsi a gioire e dimenticare la reale situazione in cui ancora siamo immersi al punto da fare dei sequestratori degli eroi, dei buoni religiosi o degli ottimi patrioti della resistenza irachena, come qualcuno ha detto, cancellando con un colpo di spugna la barbarie che si è manifestata anche in questo misfatto, dall’esito, grazie a Dio!, positivo. Prendere in ostaggio delle persone innocenti è qualcosa che ripugna ad ogni regola morale e religiosa. Non si può fare a meno di ricordare che uccidere la gente comune per la strada o al mercato, come fanno i cosiddetti kamikaze (che non sono né kamikaze, che colpivano solo bersagli militari, e tanto meno martiri, ma solo fanatici, o disperati, assassini) è solo barbarie inammissibile secondo il giudizio di ogni coscienza retta. Prendere e minacciare e far morire dei bambini, nel contesto di quell’inferno che è successo in Ossezia è ripugnante e ingiustificabile per qualsiasi ragione. Eppure tutto ciò è accaduto senza intermissione dall’11 settembre 2001, il giorno dell’attacco alle Torri gemelle di New York con la risposta dell’illegittima guerra degli Usa e alleati criticata dal Papa, e non si vede una via d’uscita. La speranza nuova, che si è manifestata in maniera rilevante è stata la voce dei musulmani che si sono dichiarati contrari al terrorismo oltre che alla guerra. Alcuni hanno parlato da tempo, alcuni che conosciamo e apprezziamo. Altri, in questa occasione hanno pregato e fatto gesti di solidarietà a favore delle due ragazze. C’è stata una dichiarazione pubblica firmata da alcuni organismi culturali e religiosi. Ed era ora che ciò avvenisse e si spera che sempre più apertamente e nettamente da parte islamica si condanni il taglio delle teste, l’esplosione di bombe contro civili e orrori simili. Le stesse cose e altre si devono chiedere e si chiedono a viso aperto nei dibattiti e da parte di forze politiche e religiose a chi risponde con rappresaglie e bombardamenti. La Chiesa non cessa di richiamare ad un senso di umanità, come fa annunciando il tema della Giornata della pace del prossimo primo gennaio: “Rispondere con il bene al male”.

AUTORE: Elio Bromuri