I “bamboccioni” e il futuro del Paese

Non avrei pensato che fosse così profonda la ferita provocata dalle “provocazioni” del ministro Brunetta a proposito dei “bamboccioni”, se una signora, madre di quattro figli, anziana insegnante e scrittrice, attenta lettrice de La Voce, non mi avesse telefonato gridando “basta”, queste sono offese che umiliano famiglie, genitori e figli. A me era sembrata solo una maniera brusca di scuotere una società addormentata. Mi devo ricredere ed ascoltando la voce della protesta di una madre, ragionare in modo più accorto. In realtà la ferita colpisce giovani, che già soffrono di non avere una prospettiva di lavoro corrispondente alle loro aspirazioni, e neppure un lavoretto di ripiego. Chi ha un’azienda qualsiasi sa quanti curricoli arrivano. Una situazione aggravata con la presente crisi, che non è stata provocata certo dai “bamboccioni” ma dalla categoria, diventata ora persino aggressiva, cui appartiene lo stesso ministro, quella degli economisti, dei professori, degli amministratori, dei politici, degli industriali. La ferita fa soffrire anche madri e padri che non trovano nella politica e nella società risposte e sostegno nel preparare e accompagnare i figli a farsi una loro vita propria. Ricevono solo vaghe promesse e, come in questo caso, provocazioni. Non pensi qualcuno che tali osservazioni abbiano a che fare con l’uno o l’altro schieramento di partiti. Parole simili sono state dette da un ministro di Prodi, Padoa Schioppa, che aveva usato la parola “fannulloni”, rivolta, in verità, non solo ai giovani. Si ha a che fare piuttosto con l’insensibilità di persone che ragionano solo nei termini di quell’economia che però non riescono a gestire con efficacia e giustizia. Anziché forzare i giovani ad uscire di casa, i politici dovrebbero favorire il loro inserimento nel lavoro e nelle professioni fornendo gli strumenti adatti della formazione e della creazione di posti di lavoro, prospettando loro un qualche futuro, se non roseo, almeno non tragico. La proposta, poi, di togliere ai padri per dare ai figli è un’altra “provocazione” di cattivo gusto, allusiva di un contenzioso da aprire tra padri e figli, andando a forzare una tensione che già esiste più o meno latente in natura e si inserisce in quel delicato spazio di distanza tra la generazione dei padri e quella dei figli, così complessa e difficile da colmare. Il tragico fatto del tentato parricidio da parte di un sedicenne, anche se fuori di ogni ragione e logica, fa riflettere come sia poco opportuno entrare a gamba tesa nel groviglio delle relazioni umane. Opera importante oggi è quella indicata dall’angelo al Battista: “ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i cuori dei figli verso i padri” (Lc 1, 17). La lettrice citata immagina le condizioni in cui potrebbero trovarsi giovani, che si avventurano impreparati, senza progetti concreti: solitudine, convivenze pericolose, droga, prostituzione. Tutto ciò, ben inteso, non deve scadere nel paternalismo compassionevole che i giovani non tollerano. E neppure nel subire situazioni di pigrizia e di abulia, congiunte magari con pretese e arroganza. La vera educazione nutre gli adolescenti di senso di responsabilità e coraggio. È però necessario che i soloni della politica producano qualcosa di più delle parole e sostengano con proposte credibili ed eque l’avviarsi dei giovani verso il futuro. Perché il Paese abbia un futuro.

AUTORE: Elio Bromuri