I datori di lavoro non “si fidano” della regolarizzazione

A colloquio con Giorgio Pallucco dell'Ufficio immigrati della Caritas diocesana

Dieci settembre 2002: entra in vigore la nuova legge che regolamenta l’immigrazione, la n’189/02, cosiddetta ‘Bossi-Fini’. A distanza di quasi un mese, ci sono risvolti del breve periodo? e, se sì, quali sono? In particolare: quali fatti o considerazioni possono riscontrarsi su una cittadina, del centro Italia, non costiera e di circa 40 mila abitanti, quale Spoleto? Per rispondere a tutte quelle domande che molti si stanno ponendo, abbiamo interpellato chi, ogni giorno, ha a che fare con questioni relative alla presenza di extracomunitari: l’avvocato Giorgio Pallucco, che gestisce il Servizio immigrati attivo presso la Caritas diocesana di Spoleto-Norcia. Quali sono i risvolti a primo impatto? I datori di lavoro sono propensi a regolarizzare la posizione di colf e badanti? Come sono state accolte le nuove norme che disciplinano la regolarizzazione degli stranieri sul territorio? Soprattutto, cosa s inota sul comprensorio spoletino?”E’ presto per tirare le somme – ha precisato Pallucco – ma se devo rispondere a qual è la situazione di questo primo mese, allora no: i datori non hanno accolto di buon grado questa regolarizzazione. Non per questo bisogna fargliene una colpa. Se proviamo a vedere da dentro il problema, ci accorgiamo che non è facile per queste persone, non ci sono abituati. E’ difficile far passare la questione del costo soprattutto dei contributi, delle otto ore, quando la gente è abituata da anni ad avere 24 ore di servizio a 620 euro (circa 1 milione e duecentomila vecchie lire). Non se ne può fare una colpa: un individuo chiede la collaborazione di una colf, confidando di investire una certa parte percentuale delle proprie entrate in quella direzione, un certo budget: capiamo benissimo che se la percentuale investita in tal senso aumenta, ci si pensa due volte. Occorre, quindi, un intervento da parte delle istituzioni, è giusto che questi soldi (quelli dei contributi) tornino alle famiglie che si sono fatte carico”. Abbiamo, finora, affrontato la questione dalla parte del datore di lavoro. Proviamo ora a vedere i risvolti dal punto di vista del lavoratore immigrato. C’è la volontà di regolamentare? Meglio: la percentuale di chi viene da lei per chiedere informazioni e assistenza legale, avvocato, è la stessa o ha subito delle variazioni?”Certamente lo straniero è interessato alla regolarizzazione, anche perché il suo scopo è – nella maggiore dei casi – il permesso di soggiorno. Dal 10 settembre, il lavoro è più che raddoppiato. Ogni giorno, tantissime persone vengono ad informarsi, a chiedere per la regolarizzazione della propria posizione lavorativa”. Ci sono stati licenziamenti?”No, se da un lato non ci sono stati forti incrementi delle regolarizzazioni, non abbiamo per altro registrato neppure casi estremi di licenziamenti o simili. Su Spoleto non si può dire di essere andati verso questa direzione. Solo alcuni casi sporadici. Da un lato c’è una forte richiesta di assistenti domiciliari, dall’altro c’è una forte domanda di lavoro e c’è la necessità di lavorare: quindi prevale l’elemento necessario, al di là del desiderio di entrambe le parti di mettersi in regola”. “Un altro punto della legge che ci lascia, come Caritas in difficoltà – ha aggiunto Pallucco – è la parte riguardante il ricongiungimento familiare. Infatti, la Bossi-Fini prevede che non sarà possibile il ricongiungimento di persone in Italia con i propri genitori se questi hanno altri figli nel paese di origine. Questa disposizione limita certamente quello che è il diritto alla famiglia, che è disciplinato dalla nostra Costituzione (artt. 29 – 30), nonché da quella Europea e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e pone il nostro servizio in difficoltà, essendo legato ad un ente morale cattolico. Tengo a precisare – ha concluso – che tuttavia una norma non è possibile giudicarla in questi tempi, perché i risultati saranno visibili soltanto fra qualche mese”.

AUTORE: Eleonora Rizzi