I leaderini al verdetto delle urne

Il 25 settembre in Umbria si voterà per eleggere sei deputati e tre senatori. Non mi azzardo a fare pronostici. Ma una cosa è chiara: con numeri così ridotti, la competizione sarà ristretta alle forze politiche maggiori. I gruppi più piccoli non hanno speranze. Nelle Regioni più grandi il discorso è ovviamente diverso, ma non troppo.

Quindi tutti i partiti – grandi e piccoli – avrebbero convenienza ad aggregarsi con quelli che sono loro più vicini, perché insieme prenderanno più seggi di quelli che avrebbero presentandosi separatamente. In questo senso forse avremo qualche sorpresa al momento della presentazione delle liste, ma non c’è da aspettarsi molto. Almeno a prima vista, personaggi come Renzi o Calenda non sembrano disposti a rinunciare alla loro orgogliosa solitudine per avere qualche seggio in più. A questi ‘leaderini’ interessa soprattutto mantenere stretta la presa sul loro gruppo, e mantenere agguerriti i propri seguaci, non importa se sono pochi.

Sperano che prima o poi venga il momento in cui quei loro pochissimi seggi diventeranno decisivi, scegliendo se mettersi di qua o di là, e avranno un potere di ricatto come il ‘mitico’ Bertinotti nei Governi di Romano Prodi. Male che vada, avendo comunque la dignità di capi di un gruppuscolo presente in Parlamento, potranno pontificare nei telegiornali e nei talk show; e tanto meglio se non avranno responsabilità di governo, potranno spararle più grosse. È un segnale di degrado del quadro politico. Tanto più, poi, che di questi gruppuscoli non si sa bene neppure quale sia precisamente l’identità politica, ideologica e culturale che dicono di voler salvaguardare da commistioni improprie.

Era del tutto diverso il quadro della cosiddetta Prima Repubblica, diciamo dal 1948 al 1990. C’erano anche allora i partiti minori (liberale, repubblicano, socialdemocratico) che non puntavano a diventare maggioritari ma avevano ciascuno una storia, una cultura, personalità prestigiose. Raccoglievano voti dove la Dc non sarebbe arrivata; poi, in Parlamento e nel Governo, li avrebbero portati in dote a quest’ultima, ma avrebbero così arricchito il pluralismo democratico. È lecito avere dei rimpianti?